«Il 50% di compartecipazione è imposto a livello nazionale dai Livelli essenziali di assistenza, ma ogni richiesta basata sulla vecchia tariffa va verificata e, se non giustificata da adeguati standard organizzativi, non può gravare retroattivamente sulle famiglie». La Regione, attraverso il Dipartimento Salute , mette un punto fermo nella vicenda della richiesta di aumenti da parte delle Rsa, le Residenze sanitarie assistenziali. Dopo giorni di segnalazioni e polemiche, il Dipartimento chiarisce che l’obbligo della quota del 50% deriva dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri e che, se alcune strutture hanno applicato quella percentuale sulla precedente tariffa, nessun arretrato può essere chiesto agli assistiti. Non si tratta, dunque, di una decisione assunta a livello locale, ma di un recepimento delle norme nazionali che definiscono le prestazioni sanitarie garantite e le relative modalità di compartecipazione. La Regione precisa, inoltre, di aver avviato controlli mirati sui requisiti organizzativi delle Rsa che, in passato, avevano adottato la tariffa più alta. In assenza di adeguati standard, come personale specializzato, servizi aggiuntivi o particolari accreditamenti, i gestori «riceveranno formale contestazione» e le famiglie non dovranno pagare differenze non dovute.
La vicenda
Ad accendere i riflettori sulla questione è stato il consigliere regionale, Antonio Scalera (LPD), dopo le numerose segnalazioni di famiglie e associazioni. In particolare, le associazioni alzheimer di Taranto e provincia e della Puglia avevano chiesto alla Regione e alle Asl di fare chiarezza per «sgomberare il campo da equivoci », ricordando che, in una seduta di commissione, un dirigente regionale aveva confermato che le Rsa non potevano pretendere nessun pagamento retroattivo.
La tesi era stata ribadita in una determina pubblicata dalla Regione Puglia il 31 gennaio scorso, con la quale si informavano gli utenti interessati a non versare né arretrati, né integrazioni, e si annunciava l’avvio di verifiche sulle Rsa per chiarire l’applicazione corretta delle norme e l’illegittimità delle richieste di arretrati riferite a tariffe non vigenti. Nonostante queste rassicurazioni, alcuni legali delle Rsa starebbero continuando a inviare diffide di pagamento, generando confusione tra le famiglie.
Tutela per le famiglie
Scalera ha spiegato di essersi confrontato direttamente con il direttore del Dipartimento Salute, Vito Montanaro. La sentenza del Consiglio di Stato, emessa a fine 2024, conferma che le famiglie devono contribuire alla retta, ma solo nei limiti fissati dalla normativa nazionale e senza alcun effetto retroattivo. Per Scalera, «ogni struttura accreditata è chiamata ad applicare le tariffe secondo gli standard stabiliti e le disposizioni regionali», senza possibilità di interpretazioni arbitrarie o richieste extra. Il consigliere invita i cittadini a segnalare ogni richiesta sospetta al Dipartimento Salute».