Sfiora l’80 per cento l’incremento su base annua dei costi energetici in Puglia ed è il dato più alto tra le regioni del Mezzogiorno. Pur non collocandosi ai primi posti della classifica redatta da Confartigianato, guidata dalle province autonome di Bolzano e Trento (dove si supera il 120 per cento), è una percentuale importante che stenta a ridursi. La Basilicata, invece, è la regione in cui le tariffe sono aumentate meno in Italia pur segnando una crescita del 53,7 per cento.
Il tutto quando nel mese di marzo in Italia i prezzi delle importazioni di energia scendono del 25,2 per cento su base annua, una tendenza in linea con la media Eurozona (-25,3 per cento). Se da una parte scende il prezzo della materia prima, dunque, dall’altra le tariffe continuano ad essere elevate per famiglie e imprese.
Se si prendono in considerazione i prezzi dell’energia degli ultimi dodici mesi, sono del 62,1 per cento superiori alla media del 2021, e oltre venti punti superiore al +40,4 per cento della media Eurozona.
Un paradosso che si riflette anche sul dato, elaborato su base regionale, del dossier realizzato da Confartigianato dal titolo “Prezzi dell’energia: dall’importazione alla distribuzione”.
Dopo le due province autonome, le regioni in cui si registra l’incremento più alto sono Valle d’Aosta (+111,7 per cento) e Piemonte (+100,9 per cento), Seguono, con valori superiori alla media nazionale, Liguria con +95,4 per cento, Umbria con +91,0 per cento, Abruzzo con +90,2 per cento, Molise con +90,0, Toscana con +88,9 per cento, Lombardia con +88,7 per cento. Un trend inferiore alla media, seppur molto accentuato, nelle Marche con +81,6 per cento. Dopo la Puglia (79,9 per cento) ci sono Lazio con +77,7 per cento, Calabria con +76,9 per cento, Sicilia con +75,0 per cento, Campania con +73,3 per cento, Friuli-Venezia Giulia con +73,2 per cento, Emilia-Romagna con +72,4 per cento, Sardegna con +68,2 per cento, Veneto con +65,3 per cento e, appunto, la Basilicata con +53,7 per cento.