È andato in scena alla trasmissione “In prima linea“, su AntennaSud, l’ennesimo scontro sulla riforma della Giustizia. Protagonisti il viceministro Francesco Paolo Sisto e il procuratore della Repubblica di Trani Renato Nitti.
Sisto, in particolare, ha difeso il provvedimento, sottolineando come modelli simili siano già realtà per altre categorie professionali, mentre Nitti ha espresso un duro monito sugli effetti politici della riforma.
Il viceministro della Giustizia ha evidenziato che «l’Alta Corte disciplinare esiste per avvocati e notai, che hanno un organo di disciplina diverso rispetto ai consigli degli ordini» e ha affermato: «Non capisco perché questo non possa accadere anche per la magistratura».
Secondo Sisto, lo sdoppiamento del Consiglio superiore della Magistratura e la creazione di un tribunale disciplinare autonomo garantirebbero una maggiore imparzialità, sottraendo i procedimenti contro i magistrati alle dinamiche interne dell’autogoverno.
Di parere opposto il procuratore Renato Nitti, che ha denunciato come la riforma rischi di minare l’indipendenza giudiziaria a favore di un controllo esterno. «Non un solo cittadino trarrà beneficio da questa riforma», ha dichiarato il capo della Procura di Trani. «A beneficiarne saranno esattamente i politici, coloro che vogliono ottenere il controllo sul Consiglio superiore della Magistratura e sull’Alta Corte disciplinare. Si creeranno gruppi di membri nominati dalla politica, o tecnici ma sempre designati dalla politica».
Nitti ha inoltre sollevato dubbi sulle modalità di attuazione delle riforme da parte del Ministero, tracciando un parallelo con le recenti criticità tecnologiche: «Questa riforma è stata portata avanti in maniera ostinata, senza ascoltare nessuno, proprio come il processo telematico». Il procuratore ha descritto quest’ultimo come una «clamorosa debacle», figlia di un approccio che non ha tenuto conto delle segnalazioni degli uffici giudiziari, portando a blocchi continui del sistema e al ritorno forzato al supporto cartaceo.
La critica si estende alla visione d’insieme della politica legislativa, definita da Renato Nitti come un sistema di «riforme a matrioska», dove ogni intervento è il preludio di quello successivo. Secondo il magistrato, l’interesse reale della politica risiederebbe nel controllo degli organi di autogoverno, assecondando al contempo le richieste di una parte dell’avvocatura sulla separazione tra giudici e pubblici ministeri.