Taranto piange Franco Sebastio. Il magistrato, da sempre in prima linea nella lotta ai reati ambientali, si è spento a 80 anni. Dopo una carriera di oltre quarant’anni in magistratura, che lo aveva portato alla ribalta delle cronache nazionali per casi come il sequestro dello stabilimento siderurgico Ilva e l’omicidio della quindicenne Sarah Scazzi, Sebastio aveva scoperto una nuova giovinezza prima con l’impegno in politica, candidato a sindaco di Taranto nel 2017 e più di recente nel mondo imprenditoriale, diventando presidente del consiglio di amministrazione della Ladisa ristorazione e della Ledi srl, che edita L’Edicola del Sud.
Tarantino verace, classe ‘42, Franco Sebastio a vent’anni è già cancelliere in tribunale, come suo padre e suo nonno. Entra in magistratura sette anni dopo. Pretore prima a Gallarate (Va), poi a San Pietro Vernotico (Br) e infine a Taranto dove comincia una lunga carriera, dal civile al penale. Già nel 1979 è in prima linea contro i reati ambientali, per i quali crea una sezione specializzata della pretura, di cui diventa procuratore capo a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta.
Sua, da pretore nel 1982, la prima sentenza di condanna per inquinamento a carico dei vertici del siderurgico, all’epoca di Stato. Venticinque anni dopo, al processo dell’amianto killer in fabbrica, è proprio Franco Sebastio a mostrare ai giudici quel «pezzo di archeologia giudiziaria» costatando che le condizioni dello stabilimento non sono cambiate molto in un quarto di secolo. Dai parchi minerali dell’Italsider negli anni Ottanta, al processo per le emissioni delle cokerie (prima condanna pesante a tre anni di reclusione per il patron dell’Ilva Emilio Riva, poi prescritta), dal processo della palazzina Laf (il reparto lager di Ilva in cui venivano rinchiusi gli operai “scomodi”), primo caso europeo di codice penale applicato al fenomeno del mobbing, fino alle due sentenze passate in giudicato a carico dei vertici Ilva per inquinamento, il magistrato tarantino col tempo è diventato un simbolo della lotta all’inquinamento.
Sue le inchieste sull’inquinamento dei fiumi Patemisco e Galeso, così come quella sugli scarichi inquinanti in Mar Piccolo. Negli anni Ottanta coordina una maxi inchiesta sull’usura dopo il suicidio di un imprenditore. Sempre sua l’iniziativa di mettere i sigilli alle gradinate pericolose dello stadio. Tubi innocenti e legno verranno sostituiti dal cemento per l’opera destinata a prendere il nome di Erasmo Iacovone. Procuratore aggiunto per otto anni, Franco Sebastio diventa procuratore della Repubblica nel novembre 2008 a 65 anni, coronando il suo sogno: concludere la carriera in magistratura nella sua città, che ama quasi quanto la moglie Anna e i figli Paolo e Giorgio. Il pool di pm che si occupa di ambiente guidato da Sebastio a luglio del 2012 chiede e ottiene il sequestro dell’intera area a caldo dell’Ilva, ritenuta «fonte di malattie e morte».
Una raffica di arresti decapita il siderurgico di proprietari e manager. Sebastio e i suoi istruiscono “Ambiente svenduto”, il maxi processo al presunto disastro ambientale della città di Taranto in cui finiscono coinvolte 47 persone, tra cui anche alcuni politici. Le motivazioni della sentenza di primo grado, depositate a novembre 2022, sono raccolte in 3.700 pagine in cui la corte d’assise dà atto alla procura di aver realizzato per la prima volta un’indagine completa su tutti i retroscena della gestione dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, dai rapporti con la politica a quelli con gli enti che dovevano controllare. Negli anni Dieci la procura guidata da Sebastio inizia un braccio di ferro, anche davanti alla corte costituzionale, con i governi che si alternano e che cercano di risolvere le grane dell’Ilva a suon di decreti d’urgenza, i così detti “salva-Ilva”. Palazzo Chigi decide di revocare la proroga di 4 anni per alcuni procuratori, tra cui proprio Sebastio. Qualcuno pensa che sia un provvedimento ad personam per neutralizzarlo e lui, coriaceo come sempre, impugna al Tar, per «una questione di principio». Di farsi rottamare Sebastio non ha nessuna voglia. Così inaugura la sua second life gettandosi nell’agone politico, ritenendo di poter dare ancora impegno alla sua amata città. Si candida a sindaco nel 2017 con la sua lista civica “Mutavento” e ottiene il nove per cento dei voti. Si dimette da consigliere comunale e per sette mesi è assessore alla Legalità. Negli ultimi anni ha messo la sua esperienza e il suo rigore morale a disposizione del gruppo Ladisa, riscoprendosi appassionato al mondo dell’editoria e dell’informazione.