«Puglia e Albania simbolo di amicizia». Parla l’ambasciatore italiano Fabrizio Bucci

«L’Albania vanta una posizione strategica al centro del Mediterraneo, che la rende in prospettiva una porta di accesso economico, culturale e sociale verso l’Europa dell’Est e i Balcani. E Italia e Ue hanno tutto l’interesse a inserire quest’area nella grande famiglia europea, perché i vantaggi che ne deriverebbero sono innumerevoli». A sottolinearlo è l’ambasciatore italiano in Albania, Fabrizio Bucci.

Ambasciatore, Puglia e Albania sono legate a doppio filo. Come viene vista la Puglia dall’altra sponda dell’Adriatico? Domani ricorre una data importante per pugliesi ed albanesi, l’arrivo della Vlora l’8 agosto 1991.

«La Puglia è vista dagli albanesi come una regione amica e un punto di riferimento. Innanzitutto per ragioni di vicinanza geografica: le coste pugliesi distano da quelle albanesi soltanto 60 miglia nel punto più stretto dell’Adriatico. Ma anche per motivazioni storiche (si pensi agli sbarchi del ‘91 di migliaia di albanesi sulle coste pugliesi). Dal 2018 la Regione Puglia ha inoltre una sede ufficiale anche a Tirana. E i rapporti culturali, economici e sociali tra le due sponde dell’Adriatico sono forti e costanti».

L’Albania può offrire importanti opportunità all’Italia. Quali sono i settori trainanti?

«L’Albania ha fatto negli ultimi anni enormi progressi. È un Paese in pieno sviluppo, il suo ammodernamento infrastrutturale è evidente, migliaia di aziende internazionali investono capitali, l’economia cresce, c’è una società civile che si sta consolidando. In questo panorama spicca il primato dell’Italia, con opportunità da cui possiamo trarre vantaggio. Siamo di gran lunga il primo partner commerciale con oltre il 30% degli scambi complessivi. I settori che presentano le maggiori opportunità per l’Italia sono quello infrastrutturale, in particolare lo sviluppo della rete ferroviaria, quello energetico (l’Albania, che produce l’80% del suo fabbisogno energetico con l’idroelettrico, sta puntando a diversificare il proprio mix energetico, attraverso fonti rinnovabili e gas), quello agroalimentare e quello del turismo, in crescita esponenziale negli ultimi anni».

La comunità albanese è ben radicata in Italia. Qual è stata la strada verso l’integrazione?

«Attualmente sono più di 700mila i cittadini albanesi legalmente residenti in Italia. Sono una comunità non solo perfettamente integrata, ma fortemente radicata in tutto il territorio. Basti pensare che ci sono più di 45mila imprese a capitale albanese in Italia e che, in occasione delle ultime elezioni locali, a Pieve di Cadore è stata eletta la prima sindaca di origine albanese. Se ora possiamo definire l’immigrazione albanese in Italia come un fenomeno di successo, non bisogna dimenticare che si è trattato di un percorso trentennale, in cui non sono mancate le difficoltà e i problemi. La naturale accoglienza del popolo italiano da un lato e la grande capacità di adattamento e l’operosità dimostrata dagli albanesi nel corso degli anni dall’altro, hanno portato agli eccellenti risultati che abbiamo ora sotto i nostri occhi. Oggi italiani e albanesi sono più integrati che mai, anche perché i continui scambi non sono più a senso unico (cioè dall’Albania verso l’Italia), ma bi-direzionali, e coinvolgono turisti, imprenditori, studenti, professori, rappresentanti delle nostre società civili e tanti pensionati italiani che decidono di trasferirsi in Albania».

Quanto sarebbe importante l’ingresso nell’Unione Europea? E quali giovamenti ne trarrebbero Albania, Italia e Ue?

«L’Italia è sempre stata a favore del percorso europeo dell’Albania. Non solo per i legami che ci uniscono, ma anche per ragioni molto concrete. I Balcani occidentali sono il nostro vicino più prossimo. Sia l’Italia che l’Ue hanno tutto l’interesse a inserire quest’area nella grande famiglia europea, soprattutto ora che l’aggressione russa dell’Ucraina ha portato la guerra alle porte dell’Europa. I vantaggi che deriverebbero dall’adesione all’Ue per l’Albania sono innumerevoli: lo stesso processo di adesione avrebbe effetti molto positivi per la vita dei cittadini albanesi, grazie al rafforzamento delle istituzioni e dello stato di diritto nel Paese, oltre che al miglioramento dei servizi essenziali che ne deriverebbero; da un punto di vista economico, le riforme richieste per aderire all’Ue e al mercato unico rederebbero più robusta e resiliente l’economia albanese, alzando considerevolmente il livello di benessere medio della popolazione. Di tutto questo beneficerebbe ovviamente anche l’Italia, Paese vicino geograficamente e culturalmente, la cui economia è fortemente interconnessa con quella albanese».

Il Mediterraneo riveste un ruolo strategico. Quali vantaggi offre alle due nazioni?

«L’Albania vanta una posizione strategica al centro del Mediterraneo, che la rende in prospettiva una porta di accesso economico, culturale e sociale verso l’Europa dell’Est e, in particolare, verso i Balcani. Come l’Italia, anche il “Paese delle Aquile” guarda con crescente attenzione a questo bacino, come dimostrano i progetti di ampliamento del porto di Durazzo. Inoltre, i porti di Durazzo e Valona sono i punti di accesso per il Corridoio 8. Oltre alle opportunità commerciali, non va dimenticato che il Mediterraneo rappresenta fin dall’antichità un crocevia culturale e sociale. La Conferenza dei ministri della Cultura del Mediterraneo, tenutasi a Napoli a giugno dello scorso anno, dimostra come anche la cooperazione culturale in questa regione sia strategica per gli equilibri globali».

Purtroppo, però, è anche teatro di stragi e terreno di scontri ideologici tra potenze. Qual è la chiave per farne comprendere l’importanza?

«Trattandosi di un’area di frontiera, il Mediterraneo presenta naturali criticità. Innanzitutto sul piano della sicurezza interna, in relazione ai possibili traffici illeciti via mare a opera della criminalità organizzata. Ma anche per i flussi migratori, spesso illegali, che attraversano questa parte del mondo. La chiave per affrontare questa e altre problematiche globali è sempre quella della collaborazione, in chiave europea ma anche bilaterale. A mero titolo esemplificativo, Italia e Albania sono legate dal Protocollo di collaborazione in materia di sicurezza, che lo scorso anno è giunto al suo 25esimo anniversario. L’intesa prevede, tra le altre cose, l’istituzione del Nucleo di frontiera marittima (Nufrom), che oggi conta un contingente di 24 militari e cinque unità navali impiegati a Durazzo e Valona ed effettua azioni di pattugliamento e controllo in mare».

Qual è la percezione del fenomeno dell’immigrazione e di come viene gestito in uno stato che ha toccato con mano quest’esperienza?

«La storia recente dell’Albania è legata a doppio filo al fenomeno migratorio. Ciò è vero soprattutto per i rapporti con il nostro Paese: nel 2021 abbiamo celebrato i trent’anni dell’anniversario di amicizia speciale tra Italia e Albania, che ricorre come momento di commemorazione degli sbarchi di decine di migliaia di albanesi sulle coste pugliesi nel ‘91 dopo la caduta del regime comunista. Nonostante i cambiamenti intervenuti da allora, che hanno reso il “Paese delle Aquile” uno dei più dinamici d’Europa (e benché si rilevi già da qualche anno una forte componente migratoria “di ritorno”) l’Albania resta ancora un Paese di emigrazione più che di immigrazione, soprattutto per le fasce più giovani della popolazione».

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