Tra il 2020 e il 2021 il valore aggiunto prodotto dalle province è aumentato del 22,7 per cento nel Mezzogiorno, del 22 nel Nord-ovest, del 20, nel Nord-est e del 19 nel Centro dopo il calo registrato nel 2020 del 10,5% al Sud, dell’8,9% nel Nord-ovest, al 9,5% nel Nord-est e al 14,4% nel Centro.
A diffondere i dati principali sulla produttività di aziende italiane e multinazionali è l’Istat che fotografa così gli anni della pandemia, tra i più complessi della storia recente dell’economia nazionale.
La crescita del valore aggiunto coinvolge tutte le regioni sia considerando le unità locali che operano nell’industria sia quelle che operano nei servizi. Particolarmente significativo è il dato relativo all’industria con il valore più elevato registrato in Basilicata (+59,4 per cento) e quello più contenuto nella Provincia Autonoma di Bolzano (+18,5).
«Il riferimento alle unità locali, quindi alle specificità strutturali ed economiche delle singole sedi in cui le imprese operano sul territorio italiano – spiega l’Istat – è realizzato per consentire analisi economiche puntuali a livello territoriale». Dai risultati emerge anche la forza trainante della provincia di Bari, seconda al Sud con 12 miliardi di euro di valore aggiunto (diciannovesima a livello nazionale). Fa meglio solo Napoli (con 26 miliardi di euro nel 2021) al quarto posto nella graduatoria nazionale dopo Torino (38 miliardi di euro). Si distinguono anche le unità locali della provincia di Potenza per i livelli di produttività più elevati del Mezzogiorno (47 mila euro per addetto), seguite da quelle di Chieti (44 mila euro per addetto) e da un’altra provincia abruzzese, Teramo (42 mila euro). Queste tre provincie del Sud nella graduatoria nazionale si collocano al 49°, al 58° e al 63° posto, confermando un importante squilibrio territoriale tra i territori del Centro Nord e quelli del Sud.
Una caratteristica che emerge anche osservando la distribuzione territoriale delle aziende: nel Centro-Nord Italia sono localizzate il 71,5% delle unità locali delle imprese dell’industria e dei servizi che impiegano il 76,3% degli addetti e il 77,4% dei dipendenti.
Complessivamente, si evince sempre dai dati diffusi dall’Istat, contribuiscono alla produzione dell’83,1% del valore aggiunto nazionale con uno scarto di 20 mila euro per addetto in termini di produttività: nel Centro-Nord il rapporto tra valore aggiunto e addetti è pari in media a 57 mila euro, nei territori del Mezzogiorno il rapporto scende a 37 mila euro. Una mappa che è quasi sovrapponibile a quella relativa alla presenza delle multinazionali in Italia.
L’apporto di quelle estere alle economie regionali è molto forte in Lombardia (28,9% del fatturato e 24,4% del valore aggiunto, con il solo 2% delle unità locali), nel Lazio (24,3% e 22,9%, con l’1% delle unità locali) e in Liguria (21,9% e 14%, con l’1,1% delle unità locali). Contenuto è invece il loro ruolo nel Mezzogiorno. Le quote di fatturato e valore aggiunto prodotto sul totale dell’economia regionale sono più basse in Calabria (6% e 7,7%), in Sicilia (7,3% e 12,7%) e in Sardegna (8,8% e 9,6%). Dal 2021 si differenzia rispetto al Mezzogiorno, la Basilicata dove la quota di fatturato prodotta dalle unità locali di imprese appartenenti a gruppi multinazionali estere è pari al 21% (5,5% nel 2021) del totale regionale e la quota di valore aggiunto pari al 18,2% (9% nel 2020), questo a seguito di cambiamenti negli assetti proprietari e, quindi, nella nazionalità dei gruppi.
«Per quanto riguarda la nazionalità degli investitori esteri in Italia, gli Stati Uniti sono il paese con il più elevato numero di addetti a controllo estero in Italia, seguiti dalla Francia e dalla Germania», si legge nel dossier. Tale graduatoria è comune a numerose regioni ma presenta eccezioni significative, connotate a volte dalla contiguità geografica. Le multinazionali francesi sono presenti maggiormente in Piemonte (21,7% degli addetti) e in Toscana (25,4% degli addetti), quelle tedesche sono presenti nella provincia autonoma di Bolzano (40,5%) e Trento (20,1%). Presenti in Molise e Abruzzo multinazionali provenienti dai Paesi Bassi con quote di addetti pari rispettivamente a 58% e 21,2%», conclude l’Istat.