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Pochi centri estivi, così bimbi e ragazzi vengono trascurati

Per le famiglie che non possono permettersi di andare in vacanza, i centri estivi sono una delle poche alternative valide per permettere ai propri figli di trascorrere del tempo libero produttivo al di fuori dell’orario scolastico. Non si tratta di una necessità solo per i genitori, rispetto alla conciliazione tra vita familiare e lavorativa. L’accesso…

Per le famiglie che non possono permettersi di andare in vacanza, i centri estivi sono una delle poche alternative valide per permettere ai propri figli di trascorrere del tempo libero produttivo al di fuori dell’orario scolastico. Non si tratta di una necessità solo per i genitori, rispetto alla conciliazione tra vita familiare e lavorativa. L’accesso a questo tipo di attività riguarda direttamente le opportunità a disposizione del bambino, fin dai primi anni di vita. Ma c’è un dato preoccupante: in Italia solo il 9,8% dei minori tra i 3 e i 14 anni frequenta un centro estivo, e le disparità aumentano se si considerano i diversi territori della Penisola.

L’utilità dei centri estivi

I centri estivi, promossi dal comune anche con il supporto di associazioni sociali e sportive, si rivolgono soprattutto a bambini in età prescolare e agli alunni in età dell’obbligo scolastico, specialmente nel primo ciclo di istruzione. Con un target che quindi di solito varia tra i 3 e i 14 anni di età. La loro funzione è aggregare bambini e adolescenti attraverso l’offerta di attività ludiche, sportive, uscite ricreative, gite, laboratori espressivi e manuali, momenti di gioco strutturato e non. Oltre a vere e proprie attività educative e di formazione, particolarmente preziose quando chiude la scuola, nel contrasto di quello che in letteratura viene analizzato come summer learning loss. Vale a a dire la perdita di apprendimenti durante le chiusure scolastiche prolungate, come quelle per le vacanze estive.

Le disparità territoriali

L’offerta di centri estivi e doposcuola è minore al Sud e nei comuni di medie dimensioni. Gli utenti di questi servizi rappresentano circa il 15% dei minori nell’Italia settentrionale. Percentuale che si dimezza in quella centrale (7,5%) e scende al 2,2% medio nei comuni del sud continentale. Tra le regioni spicca il dato dell’Emilia Romagna. Nei comuni di questa regione gli utenti di centri estivi e attività connesse sono 17,6 ogni 100 minori. Un livello cui si avvicinano solo Lombardia (15,9%), Piemonte (15,2%) e Marche (14,5%). Sopra la media nazionale anche Veneto (12,5%), Toscana (11,1%) e Umbria (10,5%). Al contrario, tutte le regioni del sud continentale si attestano al di sotto di questa soglia. Con l’eccezione dell’Abruzzo (8,7 utenti ogni 100 minori), per tutte le altre regioni centro-meridionali la quota scende sotto il 5%. Agli ultimi posti tra le regioni a statuto ordinario si trovano Calabria (2,3%), Puglia (1,6%) e Campania (1,1%). Il dato non migliora se si considerano le città capoluogo. Tra queste è Milano quella con l’offerta più ampia di questo tipo di servizi (34,89 utenti ogni 100 minori). Seguono, con circa 20 utenti per 100 minori, Verona, Parma, Bologna e Fermo.

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