Categorie
Attualità

«Pnrr, il 40% al Sud obiettivo a rischio». Il governo deve aiutare le amministrazioni locali

«La destinazione del 40% dei fondi del Pnrr al Sud è tutt’altro che un risultato acquisito». Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, lancia l’allarme e si rivolge ai decisori politici. Nella distribuzione dei soldi europei, il governo si è dato un vincolo: 86 miliardi su 211,1 in totale devono andare alle regioni del Sud. Ma ad oggi l’obiettivo sembra davvero molto lontano dall’essere raggiunto: «Potrà essere conseguito – si legge nella nota curata da Luca Bianchi e Carmelo Petraglia – solo se saranno rimosse diverse criticità, avvalendosi di tutti gli strumenti di cui si è dotata la governance del Pnrr, incluso il potere sostitutivo da parte dello Stato nei casi di palese inadeguatezza progettuale e realizzativa degli enti decentrati». Insomma, lì dove non arrivano le amministrazioni regionali o comunali, deve intervenire il governo.

Nella ricognizione che Svimez attua sulla prima Relazione istruttoria svolta dal Consiglio dei ministri, si sottolinea come ci sia un gap già in partenza: il ministero dello Sviluppo Economico e quello del Turismo destinano al Mezzogiorno rispettivamente solo il 24,8% e il 28,6% delle proprie quote del Piano di ripresa e resilienza; numeri “tirati su” dal ministero per il Sud (79,4%). «La fase di attuazione del piano può avvalersi di un “margine di sicurezza” piuttosto limitato: 1,6 miliardi, appena 320 milioni di euro annui dal 2022 al 2026. È questo, da solo, un dato che qualifica la “quota Sud” come un obiettivo che non sarà facile conseguire, a meno di non introdurre azioni correttive e di accompagnamento “in corsa”». E i due ambiti che vanno tenuti sotto controllo sono, in particolare, gli interventi che vedono come soggetti attuatori gli enti decentrati e quelli di incentivazione alle imprese.
Le uniche risorse “certe” sono i 24,8 miliardi che finanziano progetti già identificati e con localizzazioni territoriali e costi definiti: si tratta di meno di un terzo dei famosi 86 miliardi, e riguardano in buona parte interventi che erano già coperti dal bilancio statale. I rimanenti 61,2 miliardi sono solo risorse “potenziali”. «Una prima criticità – si legge nella nota – riguarda i 28,2 miliardi “stimati” dai diversi Ministeri per finanziare misure non ancora attivate formalmente o attivate con procedure prive di specifici vincoli di destinazione territoriale. In diversi casi, i Ministeri dichiarano “solo un’adesione di principio” al rispetto del livello programmatico del 40% al Mezzogiorno».
In 15 su 28 procedure attive, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi, non è stata disposta nessuna modalità di salvaguardia della “quota Mezzogiorno” sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili. «Un’eventualità tutt’altro che remota». Lo abbiamo visto con il bando Asili Nido, che non ha ricevuto abbastanza richieste dal Sud: «La proroga dei termini non sarà sufficiente per colmare il gap». È qua che dovrebbe intervenire lo Stato.
Ci sono poi le “esigue” risorse del ministero per lo Sviluppo Economico, allocate in base alla dinamica “spontanea” delle richieste giudicate ammissibili, che riflette la distribuzione delle imprese attive e dei relativi investimenti sul territorio: questo, evidentemente, penalizza il Sud. Come lo penalizza la distribuzione dei fondi del Turismo con procedure a bando o sportello. E, infine, i soldi del ministero della Transizione ecologica, che saranno localizzati attraverso procedure competitive tra imprese: anche qui si rischia una minima adesione del Mezzogiorno. «Per raggiungere la quota del 40% è necessario prevedere meccanismi correttivi che compensino eventuali inefficienze nelle capacità progettuali e attuative delle Amministrazione meridionali, e favoriscano la partecipazione dei soggetti economici del Sud. È necessario altresì predisporre modalità di salvaguardia in caso di mancato assorbimento». Svimez propone maggiori aliquote di agevolazione per il Sud o criteri privilegiati di accesso agli interventi, soprattutto per quelle attività produttive e quegli ambiti tecnologici che presentano eccellenze nelle regioni meridionali.
Il rischio sottolineato dall’associazione è che, per rispettare i target e gli obiettivi richiesti dall’Europa nell’utilizzo dei fondi del Pnrr, si sacrifichi l’obiettivo di superare i divari territoriali. Che si sacrifichi l’equità in nome dell’efficienza «per rispettare i tempi di attuazione di un Piano che ha per obiettivo la riduzione delle disuguaglianze».

Lascia un commento Annulla risposta

Exit mobile version