Pista ciclabile su via Bruno Buozzi, parla Lello Sforza: «Progetto insicuro pensato senza criterio»

«Quella pista non è sicura» dice Lello Sforza, ciclista e certificatore europeo di percorsi ciclabili, che spiega: «Chi l’ha pensata è un criminale, una persona senza senso di responsabilità o, evidentemente, non sa nulla in materia di pianificazione e progettazione della ciclabilità. Via Buozzi sarà molto pericolosa e voglio vedere di chi sarà la responsabilità quando accadrà il primo incidente stradale».

Perché?

«Quella soluzione definita “light”, secondo il decreto 557 del 1999, si fa in certe condizioni, non su una strada a doppio senso di marcia con doppia carreggiata, dove il traffico è pesante e le auto superano i 90 chilometri all’ora. Il contesto di quella pista è assolutamente proibitivo perché il traffico è veloce e pesante, a tutte le ore del giorno e della notte. C’è il serio rischio che ci scappi il morto. È una pista killer, incompatibile con quel tipo di strada».

Qual è il problema?

«Il problema è che stiamo parlando di un intervento improvvisato e fatto senza criterio. Ma anche chi pensa e chi fa queste cose non è gente esperta in materia. Ed evidentemente non ha nemmeno a cuore la sicurezza dei ciclisti. Vorrei vedere se i nostri rappresentanti hanno il coraggio di mandare i loro figli su quella pista (e se questi superano indenni la prova). Anche perché chi ha pensato a queste cose non va in bici».

Cosa si sarebbe potuto fare, invece?

«Lì ci volevano due tipi di interventi. Uno di calmierizzazione della velocità, sia con azioni di moderazione e riduzione del traffico con, ad esempio, modifiche della carreggiata per indurre le auto a rallentare. Solo così quella soluzione poteva essere compatibile con quella strada. Altrimenti ci vuole l’elemento fisico invalicabile, il famoso cordolo».

Anche le intersezioni sono un problema?

«Pure in questo il Comune è un pasticcione. Come fanno quelle piste ciclabili a congiungersi con il resto della pista di via Buozzi che va dalla nuova rotatoria di via Glomerelli a quella di viale Europa? Per non parlare poi del ponticello nei pressi dell’innesto della tangenziale, dove il ciclista verrà travolto e ammazzato».

Che altro non va?

«La segnaletica non è completa. Quell’unica striscia bianca continua che divide la pista dalla carreggiata, ad esempio, non è sufficiente. Il codice della strada dice che ci deve essere una separazione tra la parte ciclabile e quella carrabile di almeno 50 centimetri. E questa separazione può essere fatta o mediante un elemento fisico invalicabile (il famoso cordolo, brutto nel termine e nell’aspetto) o con una segnaletica, ma non è sufficiente una sola linea».

Come in corso Vittorio Emanuele dove ce ne sono due?

«Esatto. Lì due linee parallele separano il flusso ciclistico dalle auto, anche se le macchine dovrebbero rimanere all’esterno della seconda linea. Ma questa cosa non succede mai».

Perché?

«Per una ignoranza di tutti, sia degli automobilisti (che fanno quello che vogliono, parcheggiando ovunque), sia dei vigili che si disinteressano, sia di chi ha progettato l’intervento. E questo perché, secondo il decreto 557 del 1999, la pista ciclabile in carreggiata dev’essere delimitata da una striscia bianca e una gialla, come quelle degli autobus. Quella doppia linea bianca è una invenzione del Comune di Bari».

Che in via Bruno Buozzi manca.

«Speriamo se ne siano solo dimenticati e che la segnaletica sia solo incompleta».

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