Parco della giustizia, le motoseghe allarmano gli ambientalisti a Bari: gli alberi “intoccabili” fino a ottobre

Tornano sul piede di guerra gli attivisti che, in questi giorni, sono stati allarmati da nuove attività provenienti dal blindatissimo cantiere delle ex casermette, del rione Carrassi. Un suono inequivocabile di motoseghe ha riecheggiato per tutta la zona e, anche se non è certo che si stia effettivamente provvedendo al taglio di alberi, purtuttavia il solo rumore è bastato per mettere i volontari in allarme. Presupponendo che si stiano tagliando alcuni dei 178 alberi presenti e a rischio abbattimento, questa azione sarebbe illegale.

«Non è ancora decorso il termine – tuona Donato Cippone di Fare Verde – per presentare ricorso al Tar Puglia, dalla data della chiusura della conferenza di Servizi. È come se non ci fosse ancora alcuna variante approvata in via definitiva. Devono decorrere 60 giorni dalla data di chiusura del verbale della conferenza di Servizi. Dunque, prima del due ottobre non si sarebbe potuta toccare neanche una foglia». Gli ambientalisti avevano anche effettuato due esposti, uno alla Procura della Repubblica e l’altro ai Carabinieri forestali, nei quali hanno richiesto il sequestro del cantiere, perché nei lotti c e d, in base alla pianta catastale, sarebbe presente un bosco.

«Un bosco – spiega Cippone – è patrimonio ambientale e, per questo, è vietato ogni intervento di trasformazione. Passando quindi l’area da verde urbano a bosco, perché gli alberi superano una certa metratura e grandezza, abbiamo richiesto immediatamente il sequestro del cantiere e lo stop ai lavori. Quindi se effettivamente si sta procedendo al taglio degli alberi, si ravvisa il profilo penale».

Dai pochi punti di osservazione, dei quali le vedette ambientaliste possono usufruire, si sono notate nubi di polveri levarsi dopo l’abbattimento di alcuni ruderi. Polveri la cui composizione lascia molte perplessità. Non è la prima volta, infatti, che il segretario di Rivoluzione ecologista animalista (Rea), Gabriella Caramanica, solleva il problema della possibile presenza di amianto e uranio impoverito. «Il nostro dubbio – fa sapere Gabriella Caramanica – è tutt’altro che infondato. Ai tempi della guerra in Kosovo, potrebbero essere state stoccate artiglieria pesante e relative munizioni». Critiche piovono anche sulla scelta di dipingere le mura perimetrali del cantiere di verde, una scelta che gli attivisti non esitano a definire ingannevole. «Siamo in attesa – conclude l’ambientalista di Fare verde – che i giudici dei tribunali amministrativi e penali possano pronunciarsi sui nostri ricorsi, al Tar Puglia e al Consiglio di Stato. Abbiamo fatto valere le nostre ragioni in tutte le sedi, anche se la politica è stata cieca muta e sorda. Non lasciamoci ingannare dal verde perimetrale. Noi vogliamo un parco vero».

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