Voglia di lavorare, ma con il rischio di rimanere delusi. È la storia che ha scelto di condividere Claudia Coppolecchia, 22 anni, studentessa molfettese iscritta al corso di studi in Lingue all’Università degli studi di Bari “Aldo Moro.” Un’esperienza lavorativa dalla durata di undici giorni in qualità di segretaria nello studio di un commercialista barese l’ha portata a riflettere sulla condizione in cui si ritrovano tanti giovani in Italia. Con un post su Facebook, la giovane molfettese ha voluto lanciare un appello di forte impatto, per i suoi coetanei e non solo.
«È di attualità il tema sulla disoccupazione giovanile, spesso legata allo sfruttamento – scrive sul suo profilo Claudia – ho vissuto, sulla mia pelle, l’ennesima conferma, come si sente in tv, che questo fenomeno non dipende dalla mancata voglia di lavorare da parte di noi giovani, ma dalla voglia di sfruttamento da parte dei datori di lavoro».
Quattro ore al giorno, per un totale di quarantaquattro ore fatte di spirito di sacrificio e di voglia di mettersi in gioco.
«Ero carica ed entusiasta – continua Claudia – pronta a mettere qualche soldo da parte per togliermi qualche sfizio in più».
La distanza di 35 chilometri da Molfetta a Bari Poggiofranco non ha frenato il suo entusiasmo. La promessa di circa mille euro al mese dopo una settimana di prova, prolungata a due, l’ha spronata ad andare avanti.
«Al termine delle due settimane di “prova”, la segretaria mi riferisce che mi faranno sapere tra quindici giorni consegnandomi una busta, contenente 100 euro – prosegue la giovane molfettese nel suo post – una prova retribuita ben 2,27 euro l’ora».
Si conclude con questa amarezza l’esperienza di Claudia, che dichiara di non sorprendersi, ormai, delle cifre vergognose che permettono all’abuso di essere chiamato lavoro. Una situazione comune a tanti suoi coetanei, vittime dello sfruttamento e della disoccupazione giovanile, piaghe all’italiana, diffuse soprattutto nel nostro Sud.
Un’osservazione che apre un tema immenso, di cui dovrebbe occuparsi uno Stato che tiene davvero alla crescita e al futuro dei suoi giovani.
«Tanti lamentano la “fuga di cervelli” – continua la studentessa – credo si possa partire da qui, dal controllare anche il piccolo studio di commercialisti».
Perché ogni sforzo può fare la differenza.
«Io non mi arrendo facilmente, continuerò a studiare, è la mia priorità – afferma con decisione – e contemporaneamente mi impegnerò a cercare qualcosa di dignitoso».
Perché la dignità è la parola chiave su cui Claudia punta, pensando anche ai suoi coetanei.
«Io ho deciso di non sottomettermi di fronte al marcio che c’è nella nostra società – dichiara -sono consapevole, però, che molti ragazzi hanno bisogno anche di 200/300 euro e nessuno può biasimarli».
La soluzione sarebbe aumentare la vigilanza e diminuire tipologie di contratti che, se ci sono, consentono molti sotterfugi, a discapito di tanti datori di lavoro corretti. La cultura dell’onestà dovrebbe essere più diffusa.