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Monsignor Casale compie 99 anni: finì sotto scorta per il suo impegno contro la mafia foggiana

Finì sotto scorta, per il suo impegno contro la mafia foggiana. Giuseppe Casale, arcivescovo metropolita di Foggia-Bovino dal maggio 1998 al maggio 1999, sfiora il secolo di vita. Ha raggiunto, infatti, la veneranda età di novantanove anni, che ha festeggiato il 28 settembre. Pugliese di Trani è stato ordinato sacerdote nel 1946, e creato vescovo…

Finì sotto scorta, per il suo impegno contro la mafia foggiana. Giuseppe Casale, arcivescovo metropolita di Foggia-Bovino dal maggio 1998 al maggio 1999, sfiora il secolo di vita. Ha raggiunto, infatti, la veneranda età di novantanove anni, che ha festeggiato il 28 settembre. Pugliese di Trani è stato ordinato sacerdote nel 1946, e creato vescovo nel 1974 da Paolo VI. Ha esercitato il ministero episcopale prima a Vallo della Lucania poi a Foggia. Un vescovo considerato progressista, perché profondamente “conciliare”.

Al centro della sua attività pastorale c’è sempre stato lo spirito del Concilio Vaticano II, non pienamente accolto da ampie frange della Chiesa stessa. In uno scritto, pubblicato nel 2018 scriveva: «La storia del post-Concilio dimostra chiaramente come vasti settori della Chiesa istituzionale in Italia abbiano cercato di fermare il rinnovamento promosso dal concilio». A Foggia non fu molto amato dal suo stesso clero.

Casale è stato un vescovo che ha vissuto poco nel palazzo e molto per strada. Fu in prima fila nel corteo che chiedeva l’università a Foggia, fu in prima fila nel corteo contro la mafia. Già malvisto per i suoi continui attacchi alla malavita, Casale non si fece scrupolo di alzare il tiro durante i funerali di Giovanni Panunzio. Durante l’omelia attaccò mafia e cittadini omertosi. «Quanti altri omicidi la città di Foggia deve vedere prima di una reazione collettiva alla malavita organizzata», affermò con veemenza, per poi proseguire: «Ascoltatemi: unitevi, prima che sia troppo tardi. Hanno cominciato così a Palermo, vent’anni fa. Ed ora contano i morti». E per questo finì sotto scorta. Anche da vescovo emerito ha continuato ad intervenire nel dibattito pubblico.

Sempre attento alle mutate condizioni sociali, ha mostrato grande apertura sui temi dell’eutanasia e dell’omosessualità. In una intervista a La Stampa, a proposito del caso Englaro, dichiarò: «Dovremmo smettere di agitarci contro i mulini a vento e chiederci se quella della Englaro sia realmente vita. Una vita senza relazioni, alimentata artificialmente. non è vita. Come cattolici invece di fare campagne bisognerebbe accostarsi con pietà cristiana alla decisione di un padre». Sull’omosessualità fece scalpore la sua “benedizione” a una coppia gay torinese, mentre in un’intervista specificò: «L’amore gay “non è peccato”. Proibirlo “è un errore”».

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