La normalità dell’essere una superstar. Vittorio Pugliese è l’enfant prodige della vinificazione naturale in Puglia. Il lavoro, meticoloso, ossessivo, è quello di chi sta riscoprendo i vitigni dimenticati del territorio, recuperando vigne abbandonate. Il risultato è un vino attuale, moderno, fresco. Elegante. Lavorato con macerazioni leggere e semi-carboniche, d’ispirazione chiaramente transalpina. Un esploratore coraggioso che si muove in equilibrio tra giochi di luci ed ombre, acidità e sapidità. Stasera e domani sarà tra i protagonisti di “Vignaioli in masseria” in una tra le più antiche dimore della regione: Masseria Spina, a Monopoli. L’evento ospiterà oltre quaranta tra produttori italiani e stranieri. Dopo un bicchiere di vino e due chiacchiere che abbattono la barriera formale del “Lei”, si racconta.
Arriva Vignaioli in masseria. Cosa ti aspetti da queste due giornate?
«Sarà un momento di incontro tra produttori di diverse realtà italiane ed estere. Mi auguro un vivace coinvolgimento di appassionati e professionisti del settore, mi aspetto una grande festa».
Il vino naturale al centro. È la moda del momento?
«Lo è stata. Ad oggi è una realtà affermata dell’enogastronomia. Questo trend è iniziato intorno al 2010 ed è in crescita. Non avesse avuto radici culturali profonde il tutto si sarebbe sgonfiato velocemente, scomparendo in pochi anni».
Perché bere naturale piuttosto che un vino convenzionale?
«Nella mia filosofia il vino è solo naturale. Una bottiglia dev’essere il racconto di una specifica annata. Temperature, eventi atmosferici, qualsiasi variabile influisce sulle caratteristiche del frutto nel risultato finale, rendendo ogni annata unica. Nel mondo del vino convenzionale queste variazioni vengono mitigate dall’enologo e dalle tecnologie, il prodotto finale è indirizzato verso l’omologazione».
“Loco” è un progetto giovanissimo. Com’è iniziato?
«In principio l’idea era avviare una piccola attività di ristorazione. Ma questo si è rivelato impossibile, era il 2020, eravamo in pieno Covid, un rischio troppo grande. Ho provato allora a fare vino per conto mio, e il risultato è stato sorprendente. Sono partito dalla Valle d’Itria e adesso le mie bottiglie sono esportate sui principali mercati internazionali».
Sei un vignaiolo autodidatta. È l’istinto che ti guida in quello che fai?
«L’istinto e il viaggio. Ho iniziato girando tanto, assaggiando, visitando produttori. Ogni incontro è stato uno spunto di riflessione, mi ha insegnato qualcosa, lo scambio è al centro di questo lavoro. Volevo qualcosa di diverso, di moderno, qualcosa che fosse fedele al mio gusto, in cui potermi ritrovare. Di lì l’idea di fare tante sperimentazioni, così da capire quale potesse essere la strada giusta per il risultato che avevo in mente».
Sei stato il primo a fare vino naturale in Valle d’Itria, le tue bottiglie sono lontane dalla convenzione pugliese…
«Avevo letto in quella terra un potenziale unico, mi sentivo libero di vinificare in maniera moderna, senza confronti. Mi ispiro alla scuola francese, il mio amore per questo mondo nasce da lì. Le bottiglie di quelle zone hanno bassa gradazione alcolica e una spiccata acidità. Ho cercato una chiave coerente per avvicinarmi a fare vini che avessero quelle strutture: nel tempo, lavorando su uve autoctone, ho trovato la via per arrivare al mio obbiettivo».
Roma, Milano, Torino, eppure non è facile bere qualcosa di tuo qui in Puglia…
«Quando ho iniziato è stato più semplice affacciarmi su piazze in cui c’era fermento sul naturale. Sono uscito subito con poche bottiglie e prezzi di fascia alta e questo, per chi ha preconcetti sul vino pugliese, probabilmente diventa un limite. Nel tempo però le cose sono cambiate, le mie bottiglie ora sono presenti in tante realtà territoriali gestite da ragazzi che fanno un percorso parallelo al mio e hanno saputo, con sensibilità, leggere e supportare il mio progetto».
L’estetica gioca un ruolo importante, le tue bottiglie sembrano oggetti di design. Come nasce l’idea della vernice in sostituzione della tradizionale etichetta?
«Ogni bottiglia è dipinta a mano, è unica. Ogni vino è caratterizzato da un colore diverso. Il concetto è quello di valorizzare il passaparola, dire il meno possibile, lasciando parlare il prodotto artigianale».
Tra le critiche che ti sono state mosse nell’ambiente c’è il fatto che non hai vigne tue…
«Tante realtà, soprattutto in Francia, hanno iniziato come me: acquistando uve di qualità selezionate da piccoli vigneti. Avviare un nuovo progetto da zero è un investimento enorme, difficile da sostenere senza avere le spalle coperte. Oggi, dopo tre anni che produco vino, ho una cantina e i miei vigneti».
Quali sono le prospettive per il futuro?
«Evolvere il progetto fino ad avviare una azienda agricola. Arrivare ad una casa/cantina, con un piccolo ristorante lì dove è nata “Loco”, nel cuore della Valle d’Itria».