Minori a rischio, in Puglia è difficile vivere l’infanzia e diventare adulti. A dirlo sono i numeri “dell’Indice regionale sul maltrattamento e la cura all’infanzia in Italia”, realizzato da Fondazione CESVI e presentato a Bari, qualche giorno fa. Al centro dell’incontro la situazione della Puglia, con interventi ben precisi che, a partire dall’analisi dei bisogni del territorio, vanno potenziati, ma esistono.
I dati
Partiamo però dai dati. Il numero delle famiglie monogenitoriali cresce, molto spesso si tratta di donne sole, senza lavoro o comunque con una attività non stabile. E non è un caso che dall’Indice emerge che la Puglia, in relazione alla capacità di cura dei minori, si trova alla diciottesima posizione per i fattori di rischio, che includono appunto far parte di una famiglia monogenitoriale e la difficoltà di accedere a servizi per il sostegno. In entrambi, la Regione ha registrato un peggioramento dall’ultima rilevazione: il numero di famiglie monogenitoriali è rimasto stabile fino al 2021, ma dopo si è verificato un aumento: nell’ultimo biennio infatti sono diventate 176mila e, di queste, 146mila sono nuclei a carico delle sole madri.
L’incontro
Nel corso dell’evento, organizzato in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II, partner storico per CESVI a Bari, e il Garante dei diritti del minore della Regione Puglia, ospitato nella Sala Consiliare della Regione Puglia , sono intervenuti Stefano Piziali, Direttore Generale di CESVI; Orazio Nobile, Direttore Fondazione Giovanni Paolo II e Presidente ACSEMI; Ludovico Abbaticchio, Garante dei diritti del minore; Loredana Capone, Presidente del Consiglio Regionale e Caterina Balenzano, dell’Università degli Studi di Bari; Valentina Romano, Direttore del Dipartimento Welfare della Regione Puglia; Vito Montanaro, Direttore del Dipartimento Salute della Regione Puglia; oltre ai Presidenti dei Tribunali per i minorenni della regione. E ciò che è venuto fuori è che la Puglia, pur essendo al terzultimo posto tra le regioni d’Italia a maggiori rischio (seguita da Campania e Sicilia) è contemporaneamente uno dei luoghi dove esistono efficaci reti interistituzionali che mettono in collegamento i servizi di protezione e tutela per migliorarne l’efficacia.
La casa del sorriso
Tra i servizi offerti, per esempio c’è la Casa del Sorriso di CESVI (aperta nel quartiere San Paolo) che è uno spazio multifunzionale dove i bambini trovano sostegno psicologico, ascolto e orientamento. E chi ha necessità può restare grazie a proposte sportive, ludiche e di contrasto alla povertà educativa. L’organizzazione opera in sinergia con la Fondazione Giovanni Paolo II Onlus «Nel primo semestre dell’anno la Casa del Sorriso ha coinvolto circa 700 persone, soprattutto bambini e giovani, ma anche molti genitori in situazioni di fragilità, che hanno trovato uno spazio sicuro di ascolto e partecipazione da cui ripartire», ha affermato Stefano Piziali, direttore Generale di Fondazione CESVI. Fondamentale resta la collaborazione tra gli enti. E non è tutto. Tutto questo è confermato anche dalla ricerca “Dalle criticità della rete alle raccomandazioni per un modello integrato”, commissionata all’Università di Bari all’interno del progetto “TenerAmente” di CESVI, in partenariato con la Fondazione Giovanni Paolo II. Il progetto è stato selezionato e finanziato dall’Impresa Sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, dedicato ai bambini dai 0 ai 6 anni. La ricerca analizza il funzionamento reale e possibile della rete di prevenzione, protezione e presa in carico nel contesto della città metropolitana di Bari. «Bari rappresenta un esempio virtuoso: la città ha fatto grandi passi avanti nella prevenzione e nella cura dei minori», ha sottolineato Caterina Balenzano dell’Università di Bari. Dalla ricerca, inoltre, emerge che a Bari cinque équipe socio-educative del Comune, il Segretariato Sociale e il Servizio di Pronto Intervento Sociale (PIS) operano insieme per assicurare un percorso operativo tra la segnalazione del rischio di maltrattamento fino alla presa in carico. Altrettanto significativa è la funzione del Pronto Intervento Minori (PIM), un’unità interistituzionale nata nell’ambito del protocollo d’intesa tra l’assessorato al Welfare e la Procura presso il Tribunale per i minorenni.