Migranti, fermare la strage. A Bari le testimonianze dei rifugiati: la storia di E.

Perde la mamma a tre anni, il padre sconta sei mesi di galera, e lei è costretta a lavorare per andare avanti. Qualcuno poi le promette, illudendo lei è sua sorella, di arrivare in Francia. E invece, quando parte dal suo paese natale, la Nigeria, si trova difronte alla vastità del deserto.

È questa la storia di E., attualmente ospite del Cara di Bari e richiedente asilo, raccontata nella sede dell’associazione “Rita Maierotti”, a Bari durante la conferenza stampa della Cgil.

La drammatica storia di E. inizia nella povertà più completa della Nigeria, per proseguire nel deserto del Sahara, dove, complice la vogli di riscatto e le finte promesse di un truffatore, la donna è costretta a una traversata di due settimane. Senza cibo, senza acqua.

Arriva in Libia, assieme al marito, e qui incomincia il capitolo forse più duro di tutta la vicenda. Stupri, sfruttamento, violenze sono all’ordine del giorno, tanto che è proprio in Libia che il marito perde un occhio colpito dalla canna di un fucile. E lei, invece, perde un figlio, spaventata dal boato di un bombardamento.

Finalmente, poi, la fuga. “Con l’areo”, pensava lei, dando fede alle promesse che le erano state fatte. E invece no. Dalle coste della Libia, inizia la traversata in mare, in quel Mediterraneo che miete, sempre più, vittime. Tre giorni nella stiva, con l’acqua fino alle ginocchia. Quindi il soccorso della guardia costiera e infine l’arrivo a Lampedusa, da dove, a novembre scorso, lei e suo marito riescono ad arrivare a Bari.

Poche settimane fa è stata raggiunta dal marito che ha avuto la possibilità di subire un intervento all’occhio, oltre che di iniziare una nuova vita assieme ad E. «Il nostro desiderio? – conclude il suo straziante racconto – vivere un po’ in pace».

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