Migranti dall’Albania a Bari, l’ex magistrato: «Fallimento annunciato, solo propaganda» – L’INTERVISTA

Il pronunciamento della sezione immigrazione del tribunale di Roma che non ha convalidato la permanenza dei primi dodici migranti nel centro allestito in Albania, ha fermato sul nascere il piano del Governo Meloni. Ma “l’esperimento” non è nato sotto i migliori auspici, come spiega Nicola Colaianni ex magistrato della Corte di Cassazione, giurista e politico barese. «Poiché da paesi non sicuri provengono quasi tutti i migranti si può dire che l’operazione Albania è un fallimento annunciato al di là della propaganda».

Professore, come può essere definita tecnicamente l’operazione “Albania” messa in piedi dal governo di Giorgia Meloni?

«Questi centri di trattenimento in Albania costituiscono una forma di esternalizzazione del problema del trattenimento e del rimpatrio dei migranti. I Cpr sono una figura ormai affermata nel panorama dei servizi della pubblica amministrazione, in questo caso la loro particolarità sta nell’affidare un compito molto delicato come quello di accogliere dei migranti e di stabilire chi di loro ha diritto di asilo nel nostro Paese a uno stato extraeuropeo. Una prima volta “curiosa”. Inoltre, l’idea di base di tutto il procedimento è di privare un compito amministrativo così delicato, che ha a che fare con l’umanità, del contatto con le persone, con i giudici e gli assistenti italiani. È chiaro che anche lì in Albania ci sarebbe stato personale italiano, ma il processo per verificare il diritto del migrante viene fatto, non come adesso in un’aula italiana, ma da remoto con giudici e avvocati che restano a Roma».

Si è parlato molto all’inizio di un modello che poteva funzionare ed essere esportato anche nel resto d’Europa. Alla luce della recente pronuncia del tribunale di Roma, cosa ne pensa?

«Ci solo alcune riflessioni da fare. Il modello è più che altro propagandistico perché riflette una posizione del Governo che sembra dire ai propri elettori “noi vi toglieremo i migranti di torno, li mandiamo in un altro paese”. Va anche tenuto conto che due forze su tre di questo esecutivo, avevano espresso prima di andare al governo posizioni molto diverse. Matteo Salvini era per i porti chiusi e sta affrontando un processo per questo a Palermo, Giorgia Meloni invece aveva parlato di blocchi navali, come quando si scagliò contro le navi delle Ong straniere che andavano rispedite al mittente. Ora che sono loro al governo si rendono conto che perseguire certe strade è molto più complicato, allora hanno cercato di ricorrere a una via intermedia che è stata quella di dirottare i migranti dalle acque internazionali direttamente in Albania, senza permettere loro di toccare il suolo italiano. Concettualmente rappresentava una novità e tutti attendevano gli esiti dell’operazione perché in realtà questa novità tentata dall’Italia, avrebbe potuto risolvere un problema che in Europa è molto sentito, quello dei movimenti secondari. Moltissimi migranti arrivano in Italia e poi si spostano verso altri stati europei più attrattivi come la Germania e la Francia. Questo per loro è un problema: chi arriva in Italia dovrebbe rimanere in Italia salvo poi ridistribuire le quote, secondo l’ultimo patto europeo, che però non viene osservato. Stati come la Polonia non accettano migranti che arrivano dall’Africa, o anche l’Ungheria. Questi movimenti secondari, secondo il protocollo sottoscritto con l’Albania, si sarebbero interrotti perché i migranti non avrebbero potuto mettere piede sul suolo albanese».

Tornando alla propaganda, diversi esponenti di destra hanno rivendicato l’impossibilità per l’Italia di accogliere tutti. Siamo davvero di fronte a un’emergenza?

«In Italia non c’è questa grande emergenza. Lo scorso anno sono arrivate in Italia più di 150mila persone, mentre per il 2024 ne sono attese circa un terzo. Ma, come ho già accennato, la maggior parte di coloro che arrivano in Italia non lo fa per restare ma si sposta verso altri stati. Circa il 30% delle richieste di asilo arrivate lo scorso anno sono state indirizzate alla Germania, in Francia il 13% e in Spagna il 15%, nel nostro Paese si sono fermate al 12%. Il problema dell’immigrazione andrebbe risolto su scala europea, non è pensabile che ogni Stato lo risolva per conto suo con regole proprie. Con il fallimento del modello “Albania” sono state disattese le aspettative degli altri stati europei che diciamolo, guardavano all’Italia come una “cavia”. Questa purtroppo è la realtà dei fatti».

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