“Mi impegno per la legalità”, premiati 48 lavori di studenti pugliesi: «Formiamo cittadini responsabili»

Sono arrivati da tutta la regione insegnanti e studenti degli Istituti secondari vincitori dei 48 premi da 500 euro messi in palio dal Concorso “Mi impegno per la legalità”, voluto dalla Commissione regionale di studio e di indagine contro la criminalità organizzata in Puglia e supportata dalla sezione Biblioteca e Comunicazione istituzionale del Consiglio regionale.

I lavori della Commissione, coordinata dal presidente Renato Perrini, sono stati aperti agli studenti. Una seduta atipica, che ha visto protagonisti i ragazzi di una iniziativa che «costituisce non un punto di arrivo, ma di partenza per rendere il nostro un territorio migliore, un posto migliore, affrancato da corruttele e criminalità organizzata e che individua nella Scuola non solo un dispensatore di informazioni, ma di conoscenza e, quindi, di cittadini responsabili», ha sottolineato il consigliere regionale di Fratelli d’Italia.

Gli studenti hanno approfondito i temi legati alla conoscenza e lotta del fenomeno mafioso, della corruzione, delle forme di criminalità e illegalità; alla prevenzione e il contrasto ai fenomeni del racket e dell’usura; alla gestione dei beni confiscati, con particolare riferimento all’uso sociale e alle vittime della mafia e dei fenomeni criminosi.

La presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone, presente all’incontro si è rivolta ai ragazzi elogiandoli per il «grande lavoro» svolto e spiegando che la Regione vuole «riconoscere il vostro impegno come un esempio per voi stessi e per gli altri. È troppo facile cadere nell’idea che tutto va bene e, invece, non va ancora tutto bene e ciascuna e ciascuno di noi può e deve dare il suo contributo affinché vada meglio».

Capone ha sottolineato come ognuno abbia «la responsabilità di chiederci che cosa ci sia dietro quei numeri, l’impegno che profonde chi sceglie di esporsi in prima persona e con l’abbandono del silenzio. Perché se c’è una cosa che aiuta i mafiosi è proprio l’inerzia, l’omessa denuncia. C’è un detto terribile che appartiene alle nostre tradizioni, “chi si fa i fatti suoi vive cent’anni”, un vocabolario che non fa parte dell’educazione alla legalità. Educare alla legalità, invece, significa essere presenti, farsi cittadinanza attiva, quella che costituisce il vero capitale sociale di una comunità, quella che si fa portavoce di proposte, che si fa carico di ciò che non va e lo denuncia, che si fa alternativa alla convenienza del vivere standosene a casa propria, come se i problemi fossero solo degli altri. La comunità si sfilaccia quando si diffonde l’idea che l’interesse personale possa proseguire staccato dagli altri», ha concluso.

«La mafia lucra, uccide, giudica e distrugge – ha sottolineato Perrini, rivolgendosi ai ragazzi -. Si erge come autorità equivalente allo Stato, ma non lo è, lo “Stato siamo noi” e la lotta alla mafia necessariamente dev’essere un movimento culturale e morale che coinvolga tutti a partire da voi giovanissimi, perché siete il futuro di questo paese. La legalità – ha proseguito – non è un concetto astratto, è il presupposto affinché nessuno possa sopraffare l’altro e restare impunito. In questo processo la famiglia, la scuola e le istituzioni tutte assumono un ruolo fondamentale».

L’educazione alla legalità, ha detto ancora, «deve essere un impegno collettivo, che mira alla formazione di cittadini responsabili che siano in grado di contribuire al benessere della comunità. Ognuno di noi deve farsi portatore di questo messaggio».

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