Maurizio Molinari al festival del “Libro Possibile”. Ieri sera il direttore de “la Repubblica”, ha presentato il suo ultimo libro “Mediterraneo conteso” a Vieste, analizzando il contesto geopolitico internazionale alla luce dei nuovi equilibri imposti dalle guerre. L’ho raggiunto al telefono nel primo pomeriggio: mezz’ora di conversazione in cui abbiamo approfondito diversi temi d’attualità.
“Mediterraneo Conteso” la sua ultima pubblicazione. Come nasce l’esigenza di scrivere questo libro?
«Dal fatto che chi fa il mio lavoro si trova di fronte a chiavi di lettura di eventi importanti. Nello specifico, la competizione in corso tra Stati Uniti, Russia e Cina sul controllo del Mediterraneo».
Mediterraneo che ci riguarda da vicino. Cosa sta succedendo appena fuori dalla porta di casa?
«Ci sono tre visioni strategiche: La Russia ha bisogno dei “mari del Sud” per tornare ad essere una potenza globale; la Cina vuole il Mediterraneo per la realizzazione della Via della Seta; e poi gli States, per cui il nostro mare rimane la frontiera con il Sud del pianeta. Cina e Russia giocano in attacco, gli U.S.A. stanno in difesa. Noi siamo nel mezzo di questa grande partita».
Pensa che Putin riuscirà alla fine nel suo intento di avere Odessa?
«Putin sta esercitando una pressione nel Mediterraneo senza precedenti. Mentre parliamo nel nostro mare ci sono più navi russe che della NATO. Vuole Odessa, a tutti i costi. L’Ucraina è l’ostacolo, l’aggressione senza freni il mezzo per eliminarla. La più recente in Niger: fino a 6 mesi fa saldamente nel campo occidentale, oggi sappiamo che ha firmato accordi di sicurezza con i russi. E ancora il Burkina Faso, il Mali, il rapporto con l’Iran, le basi militari sul Golan. È senza fine. Ovunque guardiamo c’è una Russia all’offensiva».
Nel libro analizza fattori e futuri scenari che riguardano il Mediterraneo. Qual è quello che la preoccupa di più?
«Il clima. Se la sfida tra le “tre potenze” è di lungo termine, i cambiamenti climatici sono già tra noi. E si manifestano a una velocità sconcertante. L’aumento del 30% delle temperature, le recenti bombe d’acqua in Toscana e in Emilia: siamo di fronte a pericoli che incombono sulle nostre vite. Servono decisioni veloci per proteggere chiunque si trovi nei pressi di corsi d’acqua, persone esposte a pericoli che quando io e Lei siamo nati, non esistevano. Non ci dormo la notte».
Possiamo dire che il clima la preoccupa più delle guerre in corso?
«Assolutamente sì. Le leadership, indipendentemente dallo schieramento politico, devono iniziare subito una discussione seria sulle nuove infrastrutture delle quali tutti noi abbiamo bisogno. Serve subito trovare soluzioni».
Cosa risponde ai colleghi che definiscono una balla questa “drammatizzazione climatica”?
«Sono di cultura repubblicana, rispetto le opinioni di tutti. Ma la discussione sui cambiamenti climatici è finita negli anni ’90. All’interno dell’estrema destra in Europa ci sono opinioni negazioniste riguardo questa emergenza. Sono posizioni ideologiche, antiscientifiche e nocive per la sicurezza collettiva».
Cambiando argomento, è in Puglia per partecipare al “Libro Possibile”. La regione quest’estate è stata attiva e fertile da un punto di vista letterario. Ma l’Italia è un Paese che legge?
«Sì. Questo è interessantissimo. Tutti i dati ci dicono che abbiamo una percentuale della popolazione, minoritaria, ma crescente, che legge sempre di più. Gli stessi che leggono i giornali, guardano film, vanno ai concerti, seguono i 90 minuti di una partita di calcio: c’è una parte di Paese significativa che dedica il tempo a generare conoscenza. Il compito di chi si occupa di informazione è far sì che questa minoranza cresca. Applicando il tempo alla conoscenza si generano strumenti per comprendere le novità che ci stanno aggredendo. Se uno si limita a uccidere il tempo, non sarà in grado di capire il mondo che cambia».
Non pensa che il consumo veloce di contenuti, come quello dei social, vada a rallentare questo processo di crescita della minoranza?
«Questa che Lei ha appena descritto è la battaglia della conoscenza del nostro tempo. Come invertire il trend, la domanda che noi tutti dobbiamo farci. La sfida per un grande giornale, è quella di trovare il linguaggio giusto per parlare a tutti».
Parlando di giornali: c’è speranza perché il cartaceo sia passato, presente e futuro?
«Sì, perché il cartaceo è il brand. È certo che la grande distribuzione sarà sempre più legata al digitale. Ma il “New York Times” esiste perché è il primo giornale che compri se abiti a Brooklyn. Non c’è dubbio sul fatto che le copie in carta scenderanno e costeranno sempre di più. Ma è il brand attorno al quale costruire, sulle nuove piattaforme, contenuti che raggiungano i nuovi lettori».
La Puglia rimane fortemente in crescita dal punto di vista turistico. L’enogastronomia e il mare, ma anche una proposta culturale in crescita. Come può però allargarsi l’audience della regione?
«Una delle carte migliori che ha la Puglia è l’industria aerospaziale. Ci sono competenze e professionalità sull’aerospazio che possono parlare alle nuove generazioni. Trasformare questo DNA economico in un vettore di informazione culturale, può essere una piattaforma formidabile».
Per chiudere: ricordo una sua intervista di qualche anno fa dove ha dichiarato che l’Europa avrebbe dovuto proteggere il cosiddetto “ceto medio”. Ad oggi, può dire che ci è riuscita?
«Purtroppo no. La dimostrazione è nel risultato delle ultime elezioni europee. Se i giovani e il ceto operaio votano per i partiti di estrema destra è perché non si sentono protetti dai rispettivi governi. Si sentono abbandonati, sacrificati. Le diseguaglianze non hanno avuto risposte. Dal 2016 c’è stata una fase di protesta in Europa che ha favorito i movimenti populisti, che hanno girato sul sovranismo, quindi sull’estrema destra. È risorto l’etnocentrismo».
È il populismo il vero nemico delle democrazie nel 2024?
«La democrazia ha due nemici. Il populismo, che punta a demolirla internamente trasformando la protesta in una clava; e poi l’accoppiata Russia-Cina che vogliono ridisegnare l’ordine internazionale di sicurezza sulla base dei loro interessi. Questa è la tenaglia che sta aggredendo le democrazie».