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Masserie didattiche e apicoltori contro il Piano antixylella. Il Tar: «Vanno limitati i danni ad ambiente ed economia»

Se muoiono le api, è colpa dei trattamenti antixylella, disposti dalla Regione per fronteggiare l’avanzata del batterio. Ne sono convinti e scivono al Tar perché ne blocchi l’esecuzione, ma ricevono un “no”, molto dettagliato. Con una sentenza di 37 pagina, i giudici della terza sezione hanno respinto il ricorso di nove aziende agricole pugliesi, due masseria didattica (“Masseria dei Monelli – Agricoltura civica e ambiente” e “Atipica Masseria Didattica”) e dell’associazione “Apicoltori pugliesi associati”, tutti rappresentati dall’avvocato Luigi Paccione.

Ai giudici amministrativi i 12 avevano fatto notare che una legge regionale del 2014 riconosceva “l’apicoltura come attività utile a garantire l’impollinazione naturale e a proteggere la biodiversità dell’ape domestica, Apis Mellifera, e delle popolazioni autoctone locali”.
La stessa legge, avevano evidenziato, vietava l’uso dei pesticidi nell’intero periodo di fioritura delle piante. Elencando una serie di violazioni e vizi, avevano quindi lamentato una moria di api come conseguenza del Piano antixylella del 2021 e chiesto di bloccarlo. Si tratta, in sostanza, di aziende agricole che si avvalgono, a vario titolo e in diversi modi, dell’azione impollinatrice delle api e degli insetti pronubi. E ritengono che le mmisure fitosanitarie di contrasto all’ormai famoso batterio danneggerebbero l’apicoltura.
Ma le loro lamentele, secondo il Tar Puglia, non sono fondate, e in 26 pagine smontano la tesi. E fanno notare, innanzitutto, che lo stato di emergenza relativo alla Xylella fastidiosa è stato dichiarato per la prima volta dal Consiglio dei ministri nel febbraio 2015, seguito da altre norme, anche regionali. Insomma, tra aggiornamenti periodici e azioni concrete, «l’amministrazione regionale – scrivono i giudici amministrativi – ha legittimamente adottato il piano di azione impugnato, sulla base sia delle misure emergenziali sia delle disposizioni dell’Unione europea sopravvenute».
Ma c’è di più: è vero, come sostengono le aziende, che le normative nazionali e regionale non privilegiano l’uso dei farmaci, ma «riconoscono una particolare importanza alle misure fitosanitarie da adottare per la difesa del patrimonio umano, animale e vegetale, in presenza di un’emergenza fitosanitaria, che si verifica quando un patogeno delle piante si sviluppi in forma epidemica arrecando danni di notevole entità ad aree geografiche vaste». Per i giudici di piazza Massari, il piano di azione 2021 non ha violato nemmeno i principi comunitari della tutela della biodiversità: «Impedire e contenere con la massima urgenza ed efficacia la diffusione del batterio significa limitare i danni all’ambiente e al paesaggio, oltre che quelli all’economia e ai valori socio-culturali delle comunità interessate».

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