Mafia, parla don Tonio Dell’Olio: «Contrasto al fenomeno è fuori dall’agenda politica»

«Oggi la mafia ha l’odore delle infiltrazioni e il contrasto al fenomeno è scomparso dall’agenda politica». Ne è convinto don Tonio Dell’Olio, pugliese fondatore del settore internazionale dell’associazione “Libera”.

Dopo gli anni della pandemia oggi a Milano si ritorna in piazza. Perché è importante ricordare e soprattutto farlo al fianco dei familiari di chi ha perso la vita per mano della criminalità organizzata?

«È quanto mai importante in questo momento perché abbiamo come la sensazione che il tema del contrasto alle mafie sia scomparso dall’agenda politica. Noi abbiamo la certezza, secondo le risultanze delle indagini, che ci sono mafie che riescono a lucrare molti più profitti rispetto agli anni delle stragi ma non c’è la stessa attenzione. Anzi, ci sono maglie di legge che in qualche modo si allargano e permettono sempre di più alla criminalità organizzata di penetrare nel tessuto sociale».

Riconoscerla, appunto, è sempre più difficile. Qual è il ruolo delle istituzioni in questa battaglia?

«Un’attenzione ad interventi di prevenzione è la mossa vincente. Dobbiamo abituarci o esercitarci a sentire l’odore di bruciato della della mafia, che oggi è esattamente odore di infiltrazioni nel sistema economico e non solo. Non si tratta soltanto di rintracciare la presenza dei clan e delle organizzazioni mafiose, ma anche una mentalità mafiosa che è molto diffusa, che è quella dei privilegi, è quella della corruzione, quella dei favori personali, delle influenze».

Come far sì che anche questo 21 marzo non venga relegato a un semplice momento commemorativo?

«È il primo giorno di primavera. Noi speriamo davvero che funzioni come sveglia delle coscienze di tutti, di quelli che hanno responsabilità a livello istituzionale e anche della gente comune. Una delle vie vincenti è quella educativa, purché non si faccia educazione alle mafie facendo continuamente ed esclusivamente riferimento a quelle di un tempo, ma a quelle di oggi».

Parlando di mafie di un tempo, dal suo osservatorio privilegiato la sacra corona unita ha ancora un ruolo attivo nel contesto criminale internazionale?

«Come per le multinazionali, anche la sacra corona unita ha delocalizzato ed è riuscita a portare i propri interessi in contesti in cui è sempre più mimetica e camaleontica e dove ci sono meno anche meno rischi. Per quanto riguarda la Puglia, però, non dobbiamo trascurare che c’è una mafia che abbiamo fin troppo ignorato: quella garganica. Ci auguriamo che la commissione Antimafia riesca a porre una maggiore attenzione proprio sui fenomeni in quell’area».

In Puglia gran parte dei beni confiscati alla mafia resta poi inutilizzato. Quali strumenti il governo potrebbe utilizzare per dare impulso all’affidamento delle strutture per fini sociali?

«Intanto un arco temporale più breve perché possano essere utilizzati, poi che possano essere fruibili in via di amministrazione giudiziaria quando non sono ancora terminati completamente i processi; infine che dal punto di vista dell’assegnazione si sostengano anche economicamente gli enti locali che continuano ad essere i fruitori o comunque i destinatari della gestione dei beni e che non sono messi nelle condizioni. L’altro aspetto importante riguarda le aziende confiscate, perché in quel caso non rimetterle in piedi significa diffondere la mentalità tra la gente che si sta con la mafia, non con lo Stato».

Anche il Capo dello Stato sarà impegnato oggi in una visita a Casal di Principe per ricordare Don Diana.

«Non possiamo dimenticare che Mattarella è il fratello di una vittima di mafia. Noi confidiamo molto nel suo ruolo, soprattutto per tenere alta l’attenzione sul fenomeno dilagante nel nostro Paese. La sua presenza a Casal di Principe simboleggia un impegno sociale come quello di don Peppino Diana, che tante volte sottovalutiamo ma che al contrario, come “Libera” dimostra, è efficace ed essenziale».

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