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Lecce in festa per Sant’Oronzo. L’invito del vescovo: «Fate scelte per il bene della città»

Molto terreno, il messaggio alla città dell’arcivescovo di Lecce, monsignor Michele Seccia. Ha richiamato la politica a scelte anche impopolari, nell’interesse della città. E non si è limitato a questo. Ha spronato, infatti, gli elettori a non disertare le urne e ha indicato nell’ingresso della squadra del Lecce nella serie A, un’occasione di sviluppo per…

Molto terreno, il messaggio alla città dell’arcivescovo di Lecce, monsignor Michele Seccia. Ha richiamato la politica a scelte anche impopolari, nell’interesse della città. E non si è limitato a questo. Ha spronato, infatti, gli elettori a non disertare le urne e ha indicato nell’ingresso della squadra del Lecce nella serie A, un’occasione di sviluppo per il territorio. Questi i punti prioritari nell’agenda cittadina, nelle parole di Seccia, snocciolati alla fine del messaggio alla città in occasione della prima giornata di festeggiamenti dei santi patroni Oronzo, Giusto, Fortunato e della chiusura dell’anno oronziano. Certo non è mancato l’ afflato alla spiritualità e il richiamo ai valori profondi dell’esistenza, ma il monito alla politica e al senso civico dei cittadini è suonato netto e chiaro.

Per Seccia bisogna sottrarsi «ai complicati e oscuri giochi di potere, ma riacquistiamo la semplicità del cuore e indirizziamo in ogni tempo il nostro spirito verso la vita spirituale, la contemplazione di Dio. Solo così giungeremo a comprendere il vero senso delle realtà concrete della vita quotidiana».

Quindi? «Lecce, allora, ha bisogno di ripensare il suo futuro alla luce delle sue meravigliose radici. Il suo centro cittadino è un pullulare di chiese, conventi, cappelle, edicole votive, opere sacre in cartapesta, segni meravigliosi della fede di un popolo. E anche, le periferie sono state costruite attorno alle nuove chiese parrocchiali, veri centri aggregativi e formativi pure nei quartieri più disagiati. Al termine dell’intensa stagione turistica che ha portato sollievo economico, ma anche tanta fatica e frenetico lavoro, non permettiamo che le nostre bellezze siano solo luoghi da ammirare, ma piuttosto realtà da vivere, sorgenti d’acqua viva da cui attingere, posti in cui rifocillarsi nello spirito».

E poi la riflessione sulle strade bagnate dal sangue di tanti giovani dopo lo sballo delle notti brave. Da questa considerazione Seccia stigmatizza lo sviluppo del territorio votato a luoghi di svago/sballo.

«Può essere questo l’autentico sviluppo del nostro territorio o il clima idoneo per far crescere i nostri giovani? Non è piuttosto utile e doveroso da parte delle generazioni adulte insegnare loro che il vero piacere non consiste nelle frivolezze della vita, bensì nella ricchezza della cultura, nell’armonia della musica, nel gusto per l’autentica bellezza e nelle gioie della vita dello spirito?».

Da qui il pungolo, garbato, agli «amministratorad ogni livello istituzionale: non temete, qualche volta, ad assumere decisioni impopolari quando queste hanno una finalità fortemente educativa e formativa». Per Seccia occorre «una “rivoluzione educativa” nella quale vorrei tanto sentirmi accompagnato dagli adulti, dai formatori, dai padri e dalle madri di famiglia». E, infine, il richiamo: «La nostra nazione si appresta a vivere un importante appuntamento politico, le elezioni anticipate. Tra un mese esatto saremo tutti chiamati ad esprimere il nostro voto, in piena libertà e coscienza, con la speranza di inaugurare una nuova stagione fatta di scelte forti, lungimiranti e volte a garantire il vero bene della comunità. Perché ciò avvenga dobbiamo rifuggire dalla tentazione dell’astensionismo: rinunceremmo ad un diritto imprescindibile della democrazia, quello di essere protagonisti del destino della nostra società. Auspico vivamente che le settimane che ci separano dalle urne continuino ad essere all’insegna della moderazione, evitando le sterili polemiche e si arricchiscano, invece, di un dibattito serio, profondo e rispettoso delle idee altrui. Questo vi chiede il nostro popolo, questo spera la nostra gente».

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