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L’ecatombe delle botteghe storiche: «Servono tasse più basse e incentivi»

Prima la pandemia, con suoi i lockdown e le continue a intermittenza. Poi la guerra, con l’incertezza provocata dall’inflazione galoppante. Sono queste alcune delle ragioni che hanno costretto numerosi esercenti del capoluogo ad abbassare definitivamente le proprie serrande. Una vera e propria ecatombe, che ha portato Confcommercio a monitorare lo stato di salute del commercio…

Prima la pandemia, con suoi i lockdown e le continue a intermittenza. Poi la guerra, con l’incertezza provocata dall’inflazione galoppante. Sono queste alcune delle ragioni che hanno costretto numerosi esercenti del capoluogo ad abbassare definitivamente le proprie serrande. Una vera e propria ecatombe, che ha portato Confcommercio a monitorare lo stato di salute del commercio cittadino. Eppure, qualcuno ci prova a risollevare non solo le sorti del commercio, ma anche quella di interi quartieri, impoveriti da questa lenta agonia. Come i commercianti di via Manzoni e dintorni, che a maggio inaugureranno un murales simbolo della resilienza dell’intero quartiere Libertà, sui muri della scuola Manzari Buonvino. «Dobbiamo provarci – spiega la presidente dell’associazione Patrizia Lucamante – non solo per i commercianti storici, ma anche per i giovani che vogliono fare impresa e per tutti i residenti».

L’ultima chiusura, in ordine di tempo, è quella di “U furn d pet”, tra via Principe Amedeo e via Indipendenza. Si tratta di un panificio, molto caro ai residenti, nato negli anni ‘50 circa e noto per la sua focaccina “18 centimetri”, in vendita a un euro. La serranda si abbassa per sempre e lascia un vuoto nel cuore del rione. L’ennesima cicatrice, si potrebbe dire, che però non riguarda soltanto i negozi storici. «La situazione – spiega Lucamante – è critica per tutte le categorie merceologiche, dai negozi di vicinato alle grandi catene». Difficile trarre una stima precisa dei negozi chiusi definitivamente, ma Confcommercio si è già attivata per monitorare la situazione.

Tra le ragioni della crisi, oltre a quelle “macro”, come il Covid e la guerra, ce ne sono molte “locali”. A partire dal degrado urbano, passando per i trasporti malfunzionanti e mai puntuali, fino ai contestati parcheggi a pagamento e alla mancanza di incentivi economici. «Iniettare linfa vitale alle botteghe significa anche riqualificare i quartieri, partendo, per esempio, dal restyling dei palazzi fatiscenti. Solo così i turisti si spalmerebbero in zone diverse del capoluogo, oltre che in centro».

Ma sulle vie Sparano e Argiro, la situazione non va di certo meglio. Anche perché, a differenza di quanto accade in altri punti della città, in centro i negozi sono principalmente franchising. «In via Manzoni, invece – prosegue Lucamante – siamo botteghe di famiglia, e intratteniamo rapporti con i clienti. Ma per andare avanti occorrono tasse più basse, incentivi per i negozi storici e corsi di formazione per i giovani che vogliano fare impresa». Il messaggio che proviene dall’associazione dei commercianti di via Manzoni è un messaggio di speranza, che guarda al futuro. Immagina una città giovane, sostenibile, in cui i negozi di vicinato tornano a essere presidi di socialità e sicurezza. «Per mandare un messaggio all’intera città – annuncia Lucamante – a maggio, speriamo durante la festa di San Nicola, inaugureremo un murales sui muri dell’asilo Buonvino, realizzato dall’artista romana Alessandra Carlani. Patrocinato da Confcommercio, rappresenterà un soggetto parte integrante della città e della sua storia. Come lo siamo noi, e come vorremmo continuare a esserlo per le future generazioni».

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