Sono arrivate stamattina a Bari, nell’aula magna della Corte d’Appello, le reliquie del beato Rosario Livatino, magistrato ucciso dalla mafia nel settembre del 1990 sulla Caltanissetta-Agrigento e unico giudice ad essere stato elevato all’onore degli Altari.
«Un magistrato molto semplice, ordinario, ma che era anche un eroe, proprio perché ha scelto di fare il proprio dovere senza scorciatoie e senza farsi difendere da altri nella sua attività», ha affermato il presidente della Corte d’Assise di Bari, Antonio Diella.
All’evento erano presenti anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il procuratore della Repubblica di Bari, Roberto Rossi, e i procuratori aggiunti Ciro Angelillis e Francesco Giannella, coordinatore della Dda.
Con loro anche don Pasquale Martino, direttore della comunità salesiana del Redentore, nel quartiere Libertà di Bari.
«Per lui fare il proprio dovere significava dare un contributo alla vita della sua comunità, nel suo caso cercando di liberarla da una fortissima presenza mafiosa», ha aggiunto Diella.
«Per i magistrati Livatino è sempre stato una figura particolare, a prescindere dalla sua fede. Era il giudice ragazzino per definizione, ma siamo legati a lui anche per il valore della persona, che però abbiamo scoperto solo dopo», ha detto poi il presidente della corte d’appello di Bari, Franco Cassano. «Lo ricordiamo oggi a un giorno dall’anniversario della strage di Capaci, e questo segna un legame ideale tra i due episodi. Dopo le morti arrivò una reazione della società grazie anche all’opera della magistratura», ha aggiunto Cassano.