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Lascia Dubai per tornare a Bari, l’architetto Zaccaria: «Sogno di cambiare il Libertà» – L’INTERVISTA

Dal quartiere Libertà al mondo, andata e ritorno. Chi, almeno una volta nella vita, non ha sognato di fare il giro del pianeta per vedere gli angoli più nascosti? Francesca Zaccaria, classe 1971, non l’ha solo immaginato, l’ha fatto. Il suo viaggio è iniziato nel 1994 e dalla casa in via Garruba, dove viveva con…


Dal quartiere Libertà al mondo, andata e ritorno. Chi, almeno una volta nella vita, non ha sognato di fare il giro del pianeta per vedere gli angoli più nascosti? Francesca Zaccaria, classe 1971, non l’ha solo immaginato, l’ha fatto. Il suo viaggio è iniziato nel 1994 e dalla casa in via Garruba, dove viveva con i genitori e la sorella Elena, ha preso il volo per Parigi per frequentare l’anno di Erasmus della facoltà di Architettura. Fin qui è una storia uguale a tante altre, soprattutto se paragonata ai giovani di oggi che emigrano in massa nelle università sparse in giro per il mondo.

L’avventura della ragazza dagli occhi azzurri, però, fa la differenza: per varie esperienze lavorative si ritrova a vivere dieci anni nella capitale francese, due anni ad Edimburgo, dieci a Londra e sette negli Emirati Arabi Uniti, tra Abu Dhabi e Dubai. Non solo; dopo aver conseguito in Scozia la laurea breve, decide di svoltare e, seguendo il suo sogno di bambina, oltre a quello di disegnatrice, diventa assistente di volo per la British Airways. Inizia così a volare oltreoceano e con il suo perfetto inglese e francese, tocca con mano le culture più disparate.

Una vita con la valigia, un’infinità di racconti: quali non dimenticherà mai?

«I viaggi di lavoro per la linea British in Ghana, Uganda, Pakistan, India o Bangladesh. Con il team della compagnia aerea andavamo negli orfanotrofi di quei luoghi e portavamo medicinali e libri, pannolini e saponi. Poi in Kenya ricordo gli orfanotrofi per i bebè di elefanti, consegnavamo le coperte vecchie, quelle in dotazione per i passeggeri; i piccoli elefantini amano il calore».

Nel 2006, da hostess di volo, visti i suoi studi in architettura, è passata al settore Manager Design interni degli aerei, lavoro che ha svolto successivamente anche per Etihad. L’ultimo incarico è nel gruppo Ihg di Dubai, per la promozione dei marchi Upscale per l’India, Medio Oriente e Africa. Come mai nel 2020 è tornata a vivere in via Garruba?

«Per stare più vicino ai miei genitori, loro vivono per la maggior parte dell’anno nei loro trulli ad Alberobello. Poi ho scelto di tornare alle mie radici, è un richiamo a una tranquillità interiore».

E il quartiere di un tempo come l’ha ritrovato?

«Nel 1994 via Manzoni era illuminata e piena di negozi importanti. Oggi è una via buia, impoverita, mi sembra abbandonata e condivido la scelta di avviare il progetto per renderla zona pedonale, a patto che si trovi una soluzione per i posti auto. Adoro le botteghe dell’artigianato, il fruttivendolo che vende prodotti a km zero o i negozietti dell’usato ma non mi sento sicura quando rientro a casa in tarda sera. È un quartiere multietnico ma non vedo persone integrate. A fronte di eleganti restauri di edifici fatiscenti o progetti di riqualificazione come per l’ex Manifattura Tabacchi, soffro nel vedere sporcizia e degrado ovunque».

Cosa propone da cittadina del Libertà?

«Penso a quello che fece il sindaco di New York negli anni Novanta, Rudolph Giuliani. Riuscì a contrastare la violenza imperante della metropoli con multe per chi infrangeva le regole di civiltà, intensificò i controlli da parte delle forze dell’ordine e aumentò il numero di telecamere. Oggi è una città più sicura. Tornando a noi, è indispensabile offrire sempre soluzioni alternative come creare bagni pubblici o posizionare agli angoli degli isolati i piccoli bidoni per il riciclo, occuparsi della pulizia delle strade con costanza, i topi di questo quartiere arrivano anche al “salotto buono” della città e non fanno marcia indietro. Insomma, partire da piccole azioni per rendere la zona presentabile anche ai tanti turisti».

Oggi lavora da remoto come consulente per strategie di marchio di hotel a 5 stelle e con agenzie di marketing e architettura per gruppi di hospitality. Oltre al suo appello accorato per una migliore “civiltà”, qual è il suo sogno barese?

«Impegnarmi nel turismo o nell’artigianato per mettere a frutto, umilmente, la mia esperienza internazionale. Attivarmi al servizio della Puglia».

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