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L’allarme dei chip, possibile tilt per l’Automotive. Fiom: «A rischio la transizione»

Il 90% del gas neon usato in occidentale, indispensabile per tagliare il silicio e realizzare chip, proviene dall’Ucraina. Un altro elemento indispensabile per la produzione del “magico quadratino” che “fa pensare” tutto, dai computer alle carte di credito, è il palladio, per il 45% estratto in Russia. Non ha l’immediato impatto sul mercato che ha il petrolio ma le conseguenze della guerra rischiano fare sentire il loro effetto anche nell’elettronica, indispensabile per la crescita industriale di qualsiasi paese. Non ultimo l’Italia, con le regioni Puglia e Basilicata che temono di vedere aggravata la situazione occupazione di alcune aziende strategiche.

L’attenzione è rivolta soprattutto all’Automotive. Un settore che, già prima dei bombardamenti, soffriva pesantemente il calo di produzione a livello mondiale di semiconduttori. La Bosch, ad esempio, è tra i principali importatori europeo di chip. Gli esuberi annunciati un mese fa per la sede di Bari, di quasi 700 unità, il 22 marzo torneranno ad essere discussi al tavolo con i sindacati. «Aspettiamo l’incontro al Mise con il nuovo management amministrativo e tecnico – afferma Riccardo Falcetta, segretario Uilm Bari-. In quella occasione alzeremo il tiro affinché la casa madre si pronunci sulle reali intenzioni dello stabilimento barese».
Una situazione di incertezza che travolge l’intero settore e che viene vissuta con particolare apprensione anche a Melfi allo stabilimento Stellantis. È tutto il comparto dell’auto che rischia di subire un rapido arresto della transizione energetica verso la quale era indirizzata. Senza nichel e le terre rare (scandio, ittrio e i lantanoidi), il primo importato dalla Russia e le seconde quasi tutte in mano cinesi, è impossibile realizzare le batterie a litio indispensabili per le auto elettriche. Un aspetto che minaccia di rallentare il processo di trasformazione dell’impianto di lucano. «La carenza dei microchip e dei semi conduttori è iniziata prima del conflitto in Ucraina, dopo la pandemia – sottolinea Gaetano Ricotta, segretario Fiom della Basilicata-. Attendiamo di vedere cosa accadrà con la guerra, se ridisegnerà le forniture. Purtroppo paghiamo la scelta di destinare all’Asia la produzione dei chip. Un po’ come è stato per le mascherine: quando è scoppiata la pandemia ci siamo ritrovati senza una nostra produzione».
L’obiettivo per lo stabilimento è arrivare al 2024 quando, in base agli accordi di giugno scorso, si dovranno produrre quattro modelli elettrici Stellantis. Senza più esuberi. «Il problema per noi è sia come si arriva a quella data – conclude Ricotta – sia il rispetto degli accordi. La crisi dei semiconduttori rischia di causare ritardi. Gli obiettivi del 2030 e del 2050 della transizione enegetica, però, non sono procrastinabili».

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