Un premio alla passione e al talento che significa essere un punto di riferimento per la comunità da decenni resistendo agli standard qualitativi al ribasso imposti dalla globalizzazione e sfidando le crisi economiche che ciclicamente attanagliano il Belpaese. Con una rassicurante Singer degli anni cinquanta che sembra appena uscita dalla fabbrica come compagna, il vecchio ferro da stiro, le forbici, un tavolo da lavoro in legno di abete che sta per compiere 101 anni di vita e il libro di testo dei modelli risalente alla vigilia dello scoppio della Prima guerra mondiale.
La cerimonia si è svolta martedì a Palazzo Ducale, dove l’amministrazione comunale di Martina Franca ha consegnato una serie di riconoscimenti ai cittadini che si sono distinti in vari campi della vita pubblica. Tra questi c’è Giuseppe D’Ignazio, 85 anni, ultimo erede assieme al fratello 75enne Egidio dell’omonima sartoria, la cui storia ebbe inizio nella prima metà del Novecento tra i vicoli di pietra e calce della cittadina itriana e prosegue nelle strade del quartiere Fabbrica Rossa dopo due traslochi. Un’epopea tutta familiare. «Mio padre aprì la prima bottega nel 1922 nei pressi della chiesetta di San Vito, nel cuore di Martina vecchia», racconta il decano dell’antica arte sartoriale mentre sistema con ago e filo il bavero di una giacca marrone. «Lo consideravo un genio nel suo campo: cuciva deliziosamente bene e teneva tutto a mente, era formidabile. Lanciava un’occhiata al cliente e il modello era pronto. Era una specie di magia, tutte le volte. È lui che mi ha insegnato tutti i segreti di questo lavoro. Gli devo tutto».
La voglia di imbastire giacche e pantaloni non è mai venuta meno. «Ho iniziato che ero bambino – afferma il sarto martinese -, facevo le elementari e dopo la scuola andavo al negozio che all’epoca era una stanza della nostra abitazione. Ricordo ancora perfettamente ogni dettaglio: il babbo non si stancava mai, ma amava anche divertirsi con gli amici, era allegro e non ci ha mai fatto mancare nulla».
La sartoria D’Ignazio gode di ottima salute nonostante la tendenza della “moda usa e getta” che privilegia i tessuti sintetici e di scarsa qualità. «Sono l’ottavo di dodici figli, tutti abili cucitori – afferma Giuseppe -, alcuni di loro negli anni hanno aperto per conto proprio. Restiamo solo io e mio fratello e andiamo avanti con determinazione. Se smettessi non saprei cos’altro fare. Non ne ho nessuna voglia. Da tempo ho integrato la confezione di capi di abbigliamento con il servizio riparazione e i prezzi sono rimasti sempre gli stessi nonostante» i rincari energetici. «Ma l’attività tradizionale di sartoria» non è venuta meno. «Spiace solo che dopo di noi nessun altro D’Ignazio la porterà avanti. I nostri figli sono bravissimi ma hanno scelto altre strade».