Destreggiarsi tra lavoro, famiglia e ruolo di donna non è certo una sfida semplice. Per questo l’organizzazione “Save the children” ha intitolato il rapporto sulla maternità in Italia “Le equilibriste”, ad indicare il costante e precario equilibrio delle donne lavoratrici.
La descrizione generale che ne risulta è che il nostro non è un paese per madri. La situazione di chi decide di avere un figlio e di proseguire il lavoro, non è migliorativa, anzi obbliga e trasforma la madre in una vera eroina. Punto nodale sono le strutture di assistenza alla genitorialità, dove alcune regioni hanno deciso di sostenere le famiglie con misure concrete.
La Regione Puglia intende assicurare la gratuità, per i nuclei che decidono di iscrivere i propri figli al nido, non più sulla base di macroaree di reddito Isee, ma sulla base del costo standard al netto del Bonus Inps. La Puglia, con Sicilia, Campania e Calabria, è tra le regioni del sud con numero medio di figli per donna o tasso di fecondità totale per Regione, superiore o uguale alla media Italia, con Bolzano che mantiene il primato.
Male la Basilicata con valore al di sotto della media. Nel dominio “violenze”, che studia la presenza di centri violenza e case rifugio, la Puglia porta a casa l’undicesima posizione, con un miglioramento di sei posizioni rispetto allo scorso anno. Male tutto il sud nella percentuale di natalità e di primi figli per famiglia, con un trend negativo pari al -2,9%. Questo dato è giustificato dal ridimensionamento dell’impatto positivo, sulla natalità, della presenza della popolazione straniera.
Negli ultimi dieci anni le donne di origine non italiana hanno contribuito meno all’aumento della natalità, questo a causa dell’integrazione o anche della perdita delle reti di supporto e appartenenza. Esaminando il posizionamento delle donne con e senza figli all’interno di diversi tipi di aziende, emerge che le madri lavorano in aziende con minore produttività, vendite, capitale e stipendi dopo il parto. La penalità legata ai figli è più elevata per le madri giovani, a basso reddito e per coloro che prendono congedi più lunghi. È più ampia nelle piccole aziende con stipendi meno generosi e colleghi meno qualificati e nelle regioni del Sud Italia. Il tasso di occupazione delle madri con figli minorenni vede la Basilicata, con Marche e Lazio, guadagnare 4 punti percentuale, con una diminuzione delle dimissioni delle mamme con figli fino a 3 anni, diversamente la regione è fanalino di coda nella percentuale di donne impegnate in organi politici locali o regionali.
Male anche l’indicatore della mortalità infantile e delle strutture adibite a consultorio, che vede la Basilicata perdere ben sei punti rispetto allo scorso anno. Inalterata, ma non del tutto positiva, la posizione della Puglia, appena sopra la media. Il valore del Mother’s Index, pari a 100 per l’Italia, rappresenta il termine di riferimento rispetto al quale cogliere una condizione socio-economica più favorevole per le donne, in caso di valori superiori ad esso, o al contrario condizioni meno vantaggiose quando il valore si attesti su livelli inferiori a 100, la Basilicata si attesta tra le regioni peggiori, al 21esimo posto.