La sfida del Sud, Giannola (Svimez): «Una macroregione meridionale? Governatori litigherebbero»

«Una macro Regione meridionale? Sarebbe utile per far valere le ragioni del Sud. Basterebbe anche coordinarsi sugli obiettivi comuni, come già permette la Costituzione. Ma non lo fanno». Il presidente dello Svimez, Adriano Giannola, non è sorpreso da quanto emerso dal report sull’impatto delle utilites da Roma in giù e su come, investendo anche sulle rinnovabili, sia il Nord il primo beneficiario della crescita meridionale.

Presidente, se è così vantaggioso investire al Sud, perché crescono i divari?

«Chi dovrebbe essere il regista del Pnrr, nato proprio per ridurre le differenze territoriali, è il primo a non credere fino in fondo alle sue potenzialità».

A chi si riferisce?

«Al governo. Più che essere il regista di questa opportunità che arriva dai finanziamenti europei vuole limitarsi a essere arbitro. Tra le regioni, tra i comuni. Così, però, si rischia di non avere una programmazione».

Non la convince come è stato elaborato il Piano?

«È disordinato e non comprendo lo strumento dei bandi. Sulla salute, l’istruzione e i trasporti i ministeri sanno esattamente come stanno le cose e dove bisognerebbe intervenire. Che senso ha fare concorrere gli enti locali per ottenere le risorse? Non servono le gare ma bisogna mettersi a lavorare laddove ci sono i bisogni e i diritti negati».

C’è il rischio che, alla fine, otterrà di più chi ha meno bisogno?

«Dico soltanto che se un comune non ha avuto i mezzi in passato per realizzare i progetti non vedo perché dovrebbe riuscirci oggi. Sono i cittadini che vedono violati i loro diritti, non chi vince una gara».

C’è il timore che non si riesca a spendere e rendicontare tutto entro il 2026.

«Probabilmente ci riusciremo anche ma non vorrà dire che si sarà agito bene. Se non vengono sciolti i nodi si rischia di spendere senza un obiettivo».

Da dove si sarebbe dovuto partire?

«Da una strategia. L’Europa chiede all’Italia di essere l’hub del Mediterraneo, la porta d’accesso ai mercati asiatici e africani che rappresentano il futuro, soprattutto alla luce della guerra in Ucraina e Russia. Il governo dovrebbe spiegare cosa vuole fare per conquistare questa centralità».

Il 40% delle risorse destinate al Sud sarebbero sufficienti a realizzarlo?

«Al di là del fatto che dovevano essere il 70%, così come evidenziato dall’Europa. Le risorse, però, sono anche troppe se non si ha una idea definita di come utilizzarle. Sia chiaro, ci sono interventi importanti nel Pnrr ma non vedo una scelta di sviluppo che metta al centro il Sud».

Per quanto riguarda i trasporti la Bari – Napoli è un’opera attesa da decenni.

«Certo, però quello che ci chiede l’Europa non è fare una strada o una ferrovia ma essere la Rotterdam del Sud, sviluppando le vie del mare in modo innovativo e riducendo il trasporto su gomma. Sa quanti container vengono trasportati da un camion? Al massimo due. Su una nave ne vanno diverse decine, con un risparmio importante di C02. E costa di meno. In due o tre anni si potrebbero realizzare le vie del mare. Gli obiettivi, invece, non vengono neanche esplicitati nel Pnrr. Si affronta tutto senza una idea di come agire».

Spesso l’incapacità di fare squadra tra le regioni meridionali ha favorito altre zone del Paese. È così anche questa volta?

«Ognuna protesta singolarmente. Sembrano “incapsulate” tutte in un mondo a parte. Riconoscono le priorità comuni ma ognuna prova a risolvere i problemi da sola».

In passato più di qualcuno ha lanciato l’idea di una macro regione meridionale. Potrebbe aiutare a portare avanti le istanze comuni?

«Darebbe sicuramente più forza ai cittadini. Le regioni del Nord l’hanno già realizzata. Tra Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto c’è già un grande coordinamento».

Ora chiedono l’autonomia differenziata.

«C’è il rischio che scompaia il Paese. È il dramma del regionalismo».

Le Regioni del Sud perché non cercano tra di loro quella stessa unità?

«La Costituzione fornisce anche gli strumenti per farlo. L’articolo 117 dà la possibilità alle regioni di sottoscrivere accordi e realizzare organi comuni. Basta una legge regionale. Non c’è bisogno di riforme. Provi però anche solo a riunire gli otto governatori meridionali. Finirebbero con il litigare. È un vero peccato».

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