Le dichiarazioni di Patrizia Mirigliani, patron del concorso di Miss Italia sulle donne transessuali a cui non verrà aperto il concorso, non hanno mancato di suscitare le reazioni della comunità Lgbtq+.
Da Bari Federico, ragazzo trans e attivista dell’associazione Mixed Lgbtqia+, ha lanciato la sua provocazione: se l’elezione della donna più bella d’Italia è aperta «solo a chi è nata biologicamente donna», allora niente ha impedito al ragazzo di presentare la sua candidatura, che è stata infatti accettata. A spiegare le motivazioni dietro il gesto è proprio Federico.
Come mai hai deciso di iscriverti a Miss Italia?
«Ho letto gli articoli di giornale sulle dichiarazioni di Mirigliani in merito alle donne trans dopo il caso olandese dove è stata proprio una donna transessuale a vincere il titolo di regina di bellezza. Onestamente la mia è stata una reazione spontanea: ho pensato “se solo chi è biologicamente donna si può iscrivere perché non farlo?”. Questa affermazione è stata l’inizio di un cortocircuito paradossale che con il mio gesto ho voluto mettere in evidenza».
Qual è la situazione che vedi attorno a te?
«Il dibattito è ovviamente molto polarizzato, non c’è un clima di dialogo e i temi non vengono quasi mai trattati con la complessità che sarebbe loro dovuta. C’è una generale difficoltà ad ascoltarsi reciprocamente. Rimanendo sul tema “Miss Italia” ho voluto mettere in evidenza l’ipocrisia della situazione. Perché io posso iscrivermi e una donna che ha completato la sua transizione no? Veniamo sempre dipinti come dei mostri mitologici a tre teste quindi sembra impensabile che una donna trans possa vincere un concorso a tema bellezza. Purtroppo in Italia le persone trans sono dei soggetti imprevisti che non vengono considerati. C’è solo una legge degli anni ‘80 su cui basarsi e non è molto: ognuno è costretto a gestirsi come meglio può».
Quali sono le difficoltà maggiori che riscontri nella tua vita da ragazzo transessuale?
«Io ho la fortuna di avere una bolla attorno a me nella quale io molti problemi non li vivo. Le difficoltà maggiori sono dal punto di vista pratico: solo per fare un esempio sono riuscito a cambiare i documenti all’anagrafe ma, quando ho chiesto di cambiare la patente di guida mi è stato detto che non potevo semplicemente richiederne una nuova ma dovevo “fingere” il deterioramento e farmela sostituire. A questo si aggiunge il fatto che i percorsi di affermazione di genere sono estremamente medicalizzati, devi passare attraverso un giudice, ricevere una sentenza per poterti poi operare, o comunque per cambiare i tuoi dati anagrafici. L’autoaffermazione passa dalle mani di moltissime persone e non dipende veramente da te. Superato lo scoglio della lunghezza e della difficoltà».
Ci sono dei passi avanti?
«Qualcosa è stata fatta, penso alle carriere alias per chi studia all’Università, ma le politiche nazionali spesso vanno dalla parte opposta»,
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Di Redazione15 Novembre 2024