Il nuovo Governo guidato dalla premier Giorgia Meloni, prima donna a diventare presidente del Consiglio nella storia del Paese, ieri mattina ha giurato al Quirinale e nei prossimi giorni, molto probabilmente tra martedì e mercoledì, chiederà la fiducia alla Camera e al Senato. Ma tra le prime emergenze che la squadra di Governo sarà chiamata ad affrontare c’è senza ombra di dubbio la questione legata al caro energia e al vertiginoso aumento delle bollette, che sta mettendo a dura prova la resistenza di famiglie e imprese.
Per salvare i loro bilanci sarà necessario impiegare, entro la fine dell’anno, almeno 70 miliardi di euro, mentre il nuovo esecutivo potrà contare, al momento, su un “tesoretto” che sfiora i 25 miliardi. È quanto sostiene la Cgia di Mestre, che analizza come 35 miliardi saranno necessari per dimezzare i rincari delle bollette e la restante metà, invece, con la legge di Bilancio 2023, servirà a non far decadere, dal prossimo gennaio, alcune misure introdotte dal Governo uscente. Se non si riuscirà a recuperarne ulteriori 45, dunque, quello che si prospetta sarà un anno piuttosto complicato. Nel dossier si evidenzia come, oltre ai circa 20 miliardi che potrebbero essere “ereditati” dall’esecutivo uscente, «un ulteriore aiuto potrebbe arrivare anche da Bruxelles che sta per mettere a punto una misura che consentirà di recuperare i fondi strutturali europei 2014-2020 non ancora spesi o non impegnati in modo vincolante», portando il “tesoretto” per il Governo Meloni a circa 25 miliardi.
Come segnala l’ufficio studi dell’associazione degli artigiani e delle piccole imprese, infatti, ben sei province italiane su dieci registreranno una crescita negativa. Delle 107 monitorate da Prometeia, ad esempio, si legge ancora nel dossier della Cgia di Mestre, 67 province, ovvero il 62% del totale, farà segnare un dato negativo. Per quanto riguarda quelle pugliesi, avranno un tasso di crescita positivo Foggia (+ 0,4%), Bari (+ 0,3%), e Taranto (+ 0,1%). Faranno registrare, invece, un segno negativo la Bat (- 0,2%), e, soprattutto, le province di Lecce e Brindisi, con una crescita negativa pari a – 0,6%. La situazione non è rosea neanche per le due province lucane, perché Matera farà registrare un – 0,3%, mentre Potenza addirittura un – 0,7%.
La classifica nazionale stilata dalla Cgia di Mestre vede in testa Milano, per cui l’aumento del valore aggiunto nel 2023 toccherà un tasso positivo dello 0,8%. A seguire, nelle primissime posizioni, Savona e Salerno (0,6%), e Bologna, Verona e Cremona con lo 0,5%. Poi, via via tutte le altre province, tra cui le due pugliesi con il tasso migliore (Foggia e Bari).
Sul fondo della graduatoria, invece, con le situazioni più critiche secondo l’associazione, ci sono le province di Vibo Valentia (- 1%), Enna e Rovigo (- 0,9%) e Pisa, Cagliari, Messina, Ragusa e Macerata, tutte con un tasso di crescita negativa che toccherà – 0,8%.
Sempre nel dossier, infine, si sottolinea come siano molte le province che non hanno ancora recuperato il livello di ricchezza del periodo pre-Covid, che coincide con il 2019. Da questo punto di vista, le situazioni di peggiore ritardo, a livello nazionale, si riscontrano a Vibo Valentia e a Campobasso (- 2,4%), a Pisa (- 2,3%), a Belluno (- 2,2%), a Prato (- 2%) e a Siena (- 1,9%). A livello regionale, la Cgia di Mestre, in questa particolare graduatoria, segnala un ritardo nella provincia di Brindisi, che fa registrare un -1,4%. Le altre pugliesi, invece, così come le due della Basilicata, hanno già recuperato.