È incostituzionale la legge della Regione Puglia sui parcheggi pubblici. È quanto ha stabilito la Corte costituzionale bocciando l’articolo 4 del provvedimento del 2023 che prevedeva l’esclusione dalle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica, sino al 31 dicembre 2023, delle “aree a parcheggio a uso pubblico e temporaneo non superiore a centoventi giorni”, a condizione che entro e non oltre trenta giorni dal termine del relativo utilizzo fosse garantito il ripristino dello stato dei luoghi.
Lo rende noto l’ufficio stampa della Consulta. La disposizione era stata impugnata dal Governo per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali“, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
In primo luogo, la Corte ha ritenuto che il legislatore regionale abbia introdotto una deroga all’articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che prevede la necessità dell’autorizzazione paesaggistica. In tal modo, la Regione si è sostituita al legislatore statale, cui spetta, per costante giurisprudenza costituzionale, determinare presupposti e caratteristiche di tale autorizzazione, delle eventuali esenzioni e delle semplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza delle opere sul valore intangibile dell’ambiente.
In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che anche l’esclusione dalle procedure di valutazione ambientale abbia violato l’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. Non prevedendo alcun limite alla capienza dei parcheggi, infatti, la disposizione regionale ne avrebbe consentito la realizzazione per più di 500 posti auto, in contrasto con il punto 7, lettera b), dell’Allegato IV alla Parte seconda del codice dell’ambiente, che assoggetta i parcheggi di tali dimensioni, a prescindere dalla loro natura temporanea o stabile, alla verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale.
Sotto questo profilo, la Corte ha richiamato il proprio costante orientamento secondo cui non spetta alle regioni decidere quali siano i presupposti e le condizioni che determinano l’esclusione dalle verifiche di impatto ambientale.
Simili interventi, infatti, alterano il punto di equilibrio fissato dallo Stato tra l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del procedimento amministrativo, da un lato, e la speciale tutela che deve essere riservata al bene ambiente, d’altro lato. Punto di equilibrio che corrisponde anche a uno standard di tutela dell’ambiente, in quanto tale non derogabile da parte delle legislazioni regionali.