L’inflazione galoppa ormai da mesi, ma Puglia e Basilicata si sono rivelate regioni “virtuose” rispetto al resto d’Italia, con Bari e Potenza tra le province in cui si risparmia di più. Ma quali sono le motivazioni dietro il risultato? Lo spiega l’avvocato Massimo Melpignano.
Come mai l’inflazione non si arresta?
«Piuttosto che chiedersi come mai stia crescendo ogni mese l’inflazione, dobbiamo considerare che veniamo da un periodo storico abbastanza lungo ed eccezionale durante il quale l’inflazione non c’era o era molto marginale. Ci sono generazioni che hanno convissuto con valori a due cifre di questo parametro, che faceva parte della struttura sociale, economica e politica del nostro paese. Oggi ci sorprendiamo, invece, perché non siamo più abituati dopo anni di deflazione, pensavamo che questa fosse scomparsa. Invece l’inflazione è viva e vegeta e galoppa pure».
Come mai Puglia e Basilicata sono in controtendenza e si rivelano regioni meno costose rispetto al resto d’Italia?
«Non è proprio così. Per usare una metafora è come se stessimo visitando un reparto di malati gravi e quello che magari ha soltanto tre ferite ci sembra che stia meglio rispetto a chi invece ne ha cinque. Non stiamo parlando di una situazione rosea o di un’isola felice. È chiaro che ci troviamo di fronte ad una magra consolazione, anche perché l’economia di Puglia e Basilicata non è disconnessa rispetto a quella nazionale. Per dare una spiegazione più tecnica, va ricordato che l’inflazione è calcolata prendendo in considerazione un “paniere” di prodotti, beni e servizi tra i più utilizzati. Per registrare una performance migliore o peggiore è sufficiente che una Regione sia più esposta o utilizzi maggiormente un bene o un servizio tra quelli a maggior impatto inflattivo».
Si parla di aumenti per i consumatori che si attestano sui 2mila euro annui. È davvero così?
«Queste cifre le prendo sempre molto con le pinze. Abbiamo a che fare con dei dati medi e molto generalizzati. Nel dettaglio i consumi sono molto diversi e cambiano da una famiglia all’altra. Le famiglie più fragili subiscono rincari anche molto superiori alla media, purtroppo entriamo nell’ambito del soggettivo».
Quali sono le conseguenze di questi aumenti che non accennano a fermarsi?
«Sono facilmente individuabili. Il rincaro dei prezzi è inevitabile, quello che si può fare è ragionare sul modo migliore per contenere gli aumenti anche pensando di cambiare le abitudini di spesa. Cominciano a circolare le prime campagne martellanti di comunicazione sull’uso consapevole dell’energia elettrica e sulla regolazione del riscaldamento, solo per fare un esempio. L’economia domestica sta diventando una “economia di resilienza”».
In tema di inflazione si parla quasi sempre solo delle famiglie, ma qual è la situazione delle imprese?
«Siamo su scale diverse, ma i rincari impattano moltissimo anche sulle imprese. Eravamo abituati a considerare consumatori e aziende come due entità in contrasto, in realtà questa dell’inflazione è una battaglia che vede tutti schierati dalla stessa parte contro un nemico comune: gli aumenti impazziti delle materie prime e gli speculatori che ne approfittano. Finalmente si sta assistendo a un cambio di mentalità da questo punto di vista e consumatori e imprese si trovano dallo stesso lato della “barricata”. Siamo tutti orientati verso un nuovo stile di vita, nuovi comportamenti e un nuovo regime di tessuto economico e sociale. Se le imprese non producono non vengono prodotti redditi per i lavoratori dipendenti, si abbassano i consumi e si rallenta di conseguenza tutto il ciclo produttivo del Paese».