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Il riscatto di Monte Sant’Angelo: da terra di faida e infiltrazioni alla corsa per la Capitale della cultura 2025

Non sarà facile per Monte Sant’Angelo diventare la Capitale italiana della cultura per il 2025 perché le altre nove concorrenti non sono borghi anonimi. Da Agrigento con la Valle dei Templi alla francescana Assisi, eppoi Aosta, Asti, Civita di Bagnoregio, Spoleto, Orvieto, Roccasecca e Pescina, le dieci finaliste selezionate dalla giura al Ministero della cultura…

Non sarà facile per Monte Sant’Angelo diventare la Capitale italiana della cultura per il 2025 perché le altre nove concorrenti non sono borghi anonimi.

Da Agrigento con la Valle dei Templi alla francescana Assisi, eppoi Aosta, Asti, Civita di Bagnoregio, Spoleto, Orvieto, Roccasecca e Pescina, le dieci finaliste selezionate dalla giura al Ministero della cultura e annunciate ieri sono tutte importanti luoghi e territori con spiccate qualità culturali. Tuttavia, la città pugliese non ha nulla meno delle altre, anzi, si presenta con un valore aggiunto che potrebbe essere la chiave per l’assegnazione del titolo. Intanto, il prossimo step è per il 20 marzo a via del Collegio romano sede del ministero nella Capitale. In quell’occasione il comitato scientifico costituto proprio per la candidatura spiegherà i punti di forza di un territorio che può vantare insediamenti millenari carichi di storia e di secoli e soprattutto di un pedigree europeo probabilmente superiore alle altre sfidanti, tanto che il sindaco, Pierpaolo D’Arienzo, annunciando ieri l’ingresso in finale, ha detto proprio che «questo non è un traguardo, ma un trampolino per una città che ha dimostrato di poter raggiungere risultati importanti».

Al ministero verrà ancor di più illustrato il progetto per il 2025 che parte dal payoff della M e cioè la montagna, ideato dall’artista Luigi Ciuffreda, e che può contare su qualificati supporter come Alessandro Bollo, già coordinatore del dossier per Matera 2019 città europea della cultura, ma anche di artisti quali Renzo Arbore e Michele Placido.

Per Monte, se l’operazione 2025 dovesse andare in porto, è l’occasione definitiva per diventare quel luogo che la sua tradizione, i suoi monumenti, con i due siti patrimonio dell’Unesco, e la sua storia dicono di dover essere e non il centro strategico della mafia garganica come lo è stata per decenni, dove una faida sanguinaria tra famiglie malavitose ha corroso la vita civile.

Un affrancamento iniziato nel 2015 quando il comune fu sciolto proprio per infiltrazioni mafiose con un commissariamento durato due anni. Una bonifica amministrativa e politica che ha portato nel 2017 all’elezione proprio del giovane D’Arienzo, riconfermato nel 2021. In questi anni, anche grazie al repulisti di forze dell’ordine e magistratura, la città dell’Arcangelo è tornata a respirare aria pulita e con questa candidatura vuole proporsi all’Italia e al mondo come quell’approdo antico dove giungevano nel medioevo cavalieri da tutt’Europa, a partire da Rotari, il guerriero legislatore, longobardo che proprio a Monte trovò la morte e la sepoltura.

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