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Il Parco della giustizia a Bari lì dove si addestravano i soldati – IL REPORTAGE

Lontani gli echi degli addestramenti, non è ancora Parco. Ma già ci somiglia parecchio. Ad accoglierci all’interno della recinzione verde, con i cartelloni del futuro tutto intorno, i gorgheggi degli uccelli ormai indisturbati negli alberi alti. Siamo entrati nello spazio che era delle caserme Milano e Capozzi, in via Alberotanza a Bari, dove prima della…
parco della giustizia

Lontani gli echi degli addestramenti, non è ancora Parco. Ma già ci somiglia parecchio. Ad accoglierci all’interno della recinzione verde, con i cartelloni del futuro tutto intorno, i gorgheggi degli uccelli ormai indisturbati negli alberi alti.

Siamo entrati nello spazio che era delle caserme Milano e Capozzi, in via Alberotanza a Bari, dove prima della seconda guerra mondiale nacquero gli edifici per ospitare ufficiali e giovani reclutati, da preparare per le campagne di Russia e Nord Africa. E dove, fra tre anni al massimo, gli uffici giudiziari baresi ritroveranno comodità e dignità. Ma oggi, in questo breve periodo di mezzo, quando i vecchi edifici sono andati giù e non c’è ancora traccia di quel che verrà, sembra di fare una gita fuori porta.

La guida, nel nostro tour tra i viali alberati, è la direttrice dei lavori, Isabella Di Marsico. Il cancello pedonale, dove saranno sistemati i tornelli, si apre sulla terra ora libera dal lungo corpo di guardia, abbattuto dalle gru dell’azienda Idea. Giù anche le cabine elettriche, rimosso il cemento dei lunghi viali, rimossi i cordoli laterali, restano gli aghi di pino degli alberi secolari.

«Grazie alle indicazioni di un agronomo – spiega Di Marsico – abbiamo portato altro terreno a coprire le radice degli alberi rimaste scoperte». Sono quelli salvati dalle malattie che, dall’altra parte invece, nell’area della ex caserma Capozzi, li hanno scheletriti, condannandoli a morte.

In fondo al percorso, verso il lato del quadrilatero dove c’era la mensa e le cisterne di gasolio, ora ridotte a un involucro di cemento: analizzate nel contenuto, svuotate, scavate per oltre un metro nel sottosuolo, bonificate e poi rimosse. I camion hanno portato via anche i muri di cemento amianto di mensa e residenze, lasciando solo l’involucro della piscina, sul lato destro, che fu ad uso esclusivo degli ufficiali.

Via i macchinari e i “lavaruote”, che nei mesi scorsi hanno consentito ai mezzi di non trascinare fuori i residui della demolizione, il grande spazio diventerà il grande unico Parco urbano, il 70 per cento della superficie totale, collegato all’area dove sorgeranno i tribunali da un ponte sospeso.

A sud dove c’era la caserma Capozzi, controllati e concentrati, i tribunali, disposti come un quadrifoglio. È in quest’area oggi meno ombreggiata, dove 80 anni fa c’erano un bar con biliardo per la brigata, che lavoreranno 1800 persone, tra giudici, procuratori, magistrati, avvocati e altre figure professionali. Uno spazio articolato in una serie di corti giudiziarie e luoghi di formazione, accompagnati da ambienti amministrativi e luoghi di relazione. A sud tribunale penale e civile, in fondo a sinistra il tribunale per i minorenni, quello di sorveglianza e i giudici di pace in una zona un pochino più defilata, fuori dalla piazza centrale, per non causare interferenze con la delicata utenza del primo. A destra, la Corte d’appello. Tutto intorno, e nella “piazza” dei tribunali, lì dove sono marcite vecchie piante, arriveranno vasche di vegetazione e alberature, fontane d’acqua. Anche l’illuminazione sarà diversificata, con particolare attenzione alle aree verdi e boscate, volutamente non illuminate con luci artificiali, così da garantire la naturalità delle aree e favorire la biodiversità. Saranno così individuati i punti di maggior vivibilità del parco nelle ore notturne, mediando tra la necessità di rendere vivo e attivo il parco e la volontà di limitare al minimo l’inquinamento luminoso.

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