Il “don Bosco” multietnico e accogliente: minori in fuga ospiti nel villaggio foggiano

Raccontano di aver attraversato il Mediterraneo in condizioni estreme e di aver valicato i Balcani perlopiù a piedi. Un viaggio della speranza che, nella città di Bergamo, si è trasformato in qualcosa di diverso rispetto a ciò che si aspettavano. Qui, infatti, si sono ritrovati in situazioni di sfruttamento, emarginazione, difficoltà di ogni genere.

È il caso di sei giovanissimi ragazzi, tutti minori non accompagnati che, nei giorni scorsi, sono stati accolti a Villaggio Don Bosco, nell’omonima comunità di accoglienza situata alle porte di Foggia e sostenuta dalla Fondazione Siniscalco Ceci-Emmaus. Da Bergamo in Capitanata, dunque, su sollecitazione dei servizi sociali, come non di rado accade per minori stranieri non accompagnati.

«Sono arrivati nel nostro Paese per inseguire un sogno che hanno provato a vendergli – dichiara Antonio De Maso, direttore della Fondazione – purtroppo molto poco realistico. Il fenomeno è diffuso: questi ragazzini vengono attirati con l’inganno, per poi essere spesso sfruttati da connazionali che li costringono a condizioni di vita e di lavoro indecenti».

Hanno un’età compresa tra i 14 e i 17 anni. Cinque egiziani e un tunisino: parlano poco l’italiano, a parte il quattordicenne Mostafa, l’unico che ha voluto raccontare in parte questa esperienza: «Dopo cinque mesi in Italia finalmente sto bene – ha detto – e posso imparare meglio quello che già facevo nel mio villaggio in Egitto, il muratore. Ho iniziato a lavorare all’età di dieci anni ma so che per prima cosa devo prendere la licenza media».

Accolti negli alloggi del villaggio, i sei giovanissimi condividono insieme un appartamento, in una situazione di co-housing con altri giovani italiani e stranieri, suddivisi tra le altre due comunità presenti: “La Ruota per ragazzi”, “Il fazzoletto per ragazze” e il gruppo appartamento “La zattera per ragazzi verso l’autonomia”.

Grazie all’intervento degli educatori si sono iscritti a scuola e a febbraio inizieranno a frequentare il corso di italiano presso il centro provinciale per l’istruzione degli adulti, cui seguiranno attività di inclusione socio-lavorativa.

«Abbiamo dato loro una routine giornaliera, con regole e orari precisi – spiega Ivana Montanarella, educatrice – in grado di fornire certezze attraverso una quotidianità ben scandita. Hanno turni per le pulizie, aiutano durante il servizio mensa, trascorrono il tempo libero insieme ad altri ragazzi, vogliono studiare e mettersi in regola con i documenti. Noi li aiuteremo in un percorso non facile – ha concluso – ma necessario».

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