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Il caro gasolio “strozza” i pescatori: crisi infinita per chi vive del mare

Continua il periodo no per i pescatori che tornano a minacciare il blocco delle attività. Il prezzo del gasolio non lascia scampo a chi, dal mare, percepisce il reddito necessario per portare avanti la famiglia. Pur tagliando sulle spese, in molti casi la giornata al largo non ripaga i costi. Riesce a far quadrare i…

Continua il periodo no per i pescatori che tornano a minacciare il blocco delle attività. Il prezzo del gasolio non lascia scampo a chi, dal mare, percepisce il reddito necessario per portare avanti la famiglia. Pur tagliando sulle spese, in molti casi la giornata al largo non ripaga i costi. Riesce a far quadrare i conti solo chi esce da solo in mare. In due si è già in troppi per sfamare entrambi.

Una situazione che non fa che favorire l’importazione di pesce dall’estero. «In Puglia l’effetto dell’incremento del prezzo medio del gasolio – spiega la Coldiretti pugliese – si è abbattuto come una tempesta sull’attività dei pescherecci, già duramente colpiti dalla riduzione delle giornate di pesca».

Fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante. «Con gli attuali ricavi la maggior parte delle imprese di pesca – spiega Impresapesca Coldiretti Puglia – non riesce a coprire nemmeno i costi energetici oltre alle altre voci che gli armatori devono sostenere per la normale attività. Di questo passo uscire in mare non sarà economicamente sostenibile».

Quasi otto pesci su dieci che arrivano sulle tavole sono stranieri, spesso senza che i consumatori lo sappiano, soprattutto a causa della mancanza dell’obbligo dell’indicazione di origine. «Gli effetti combinati dei cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia sempre più asfissiante impattano sulla sopravvivenza delle 1.500 imbarcazioni pugliesi – ricorda Coldiretti Puglia – ma anche sulla salute dei cittadini poiché con la riduzione delle attività di pesca viene meno anche la possibilità di portare in tavola pesce Made in Italy, favorendo le importazioni dall’estero di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelle tricolori».

Il problema non è solo economico ma anche sanitario. In Cina, Argentina o Vietnam, è permesso un trattamento con antibiotici che in Europa è vietato. Un rischio confermato dai dati del Rassf, il sistema europeo di allerta rapido che, su un totale di 399 allarmi alimentari segnalati nel 2018 nel nostro Paese, ha visto ben 154 casi riguardare proprio il pesce (101) e i molluschi bivalvi (53), ovvero circa il 40% del totale secondo un’analisi Coldiretti. Tutto questo non può che tradursi in una riduzione della “flotta” operativa lungo la costa pugliese, calata di un terzo con un contestuale aumento delle importazioni dal 27% al 33%.

«Una crisi quella del settore ittico, che si trascina da 30 anni – rileva Coldiretti Puglia – in un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni. La produzione ittica derivante dall’attività della pesca è da anni in calo e quella dell’acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell’attività tradizionale di cattura. Una rinascita che passa per il mercato e sulla quale Coldiretti sta cercando di impegnarsi a fondo, facendo partire iniziative nei mercati di Campagna Amica che hanno come obiettivo la vendita diretta, la semplificazione e la tracciabilità».

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