I nonni di una bambina, nata da maternità surrogata, avevano chiesto al Comune di Bari la cancellazione dall’atto di nascita del nome del genitore “di intenzione” ma per la Corte di Cassazione il ricorso è inammissibile per la carenza di un interesse concreto ad agire da parte dei nonni stessi.
È la storia di due donne che si sono sposate a New York e hanno avuto una figlia mediante il ricorso alla maternità surrogata (vietata in Italia). Le due mamme – una genetica e l’altra intenzionale – si sono poi lasciate e i nonni (genitori della mamma genetica) hanno presentato ricorso affinché fosse cancellato dall’atto di nascita il nome della mamma intenzionale, difesa sin dal primo grado di giudizio dall’avvocato Domenico Costantino, docente di diritto di famiglia dell’Università “Aldo Moro” di Bari.
È lo stesso legale a spiegare in una nota che «nel caso di specie è stato messo in discussione il legame di filiazione, giuridicamente riconosciuto attraverso la trascrizione dell’atto di nascita estero nei registri dello Stato Civile del Comune di Bari, tra la bambina e la genitrice di intenzione, la quale, sebbene non abbia alcun rapporto genetico e/o biologico con la piccola, ha condiviso con l’altra mamma il progetto di genitorialità». Ma «la posizione del figlio non deve subire conseguenze pregiudizievoli derivanti dalle condotte e dalle decisioni degli adulti».
Per l’avvocato Costantino «non v’è dubbio che il bambino nato all’estero da pratiche alternative debba essere tutelato da una piena genitorialità, quale principio di rilevanza costituzionale primaria dell’interesse superiore del minore, che si sostanzia nel preservare il legame che unisce il figlio a coloro i quali hanno assunto nei suoi confronti la responsabilità genitoriale sin dalla sua nascita».