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I Comuni meridionali non denunciano gli evasori fiscali: Taranto e Foggia tra i meno virtuosi

In Italia l’evasione sfiora quota 90 miliardi di euro all’anno ma i comuni nel 2022 sono riusciti a segnalare solo 6 milioni di euro. Alcuni di essi, tra i quali i due pugliesi di Taranto e Foggia, non hanno segnalato neanche un caso sospetto. È quanto si evince da uno studio realizzato dalla Cgia di…

In Italia l’evasione sfiora quota 90 miliardi di euro all’anno ma i comuni nel 2022 sono riusciti a segnalare solo 6 milioni di euro.

Alcuni di essi, tra i quali i due pugliesi di Taranto e Foggia, non hanno segnalato neanche un caso sospetto. È quanto si evince da uno studio realizzato dalla Cgia di Mestre che prende spunto dalla legge che prevede un riconoscimento sia pari al 50 per cento dell’imposta recuperata dall’Agenzia delle Entrate a seguito delle “segnalazioni qualificate” ricevute dagli enti civici. Una norma che, dati alla mano, ha fallito nel proprio intento per la scarsa disponibilità soprattutto dei comuni meridionali.

Il Comune più “virtuoso”, infatti, è stato Genova che ha ricevuto un contributo per la sua attività di contrasto all’evasione erariale pari a 863.459 euro. Seguono Milano con 367.410 euro, Torino con 162.672 euro, Prato con 147.243 euro e Bologna con 99.555 euro. Tra le prime dieci posizioni a livello nazionale spiccano i risultati conseguiti dai Sindaci di Maclodio (Bs) e Guastalla (Re) che grazie alle segnalazioni comunicate all’Agenzia delle Entrate hanno ricevuto rispettivamente 47.660 e 45.087 euro.

Numeri molto diversi, ad esempio, dai 1.458 euro a Palermo, i 651 euro a Napoli o i 301 euro ad Agrigento o, appunto, dallo zero di Caltanissetta, di Catania, di Taranto, di Cosenza, di Caserta e di Foggia. Una opportunità persa, dunque, non solo dal punto di vista della legalità ma anche per i conti degli enti, notoriamente in difficoltà e alla ricerca di nuove entrate.

La Cgia di Mestre prova a spiegare questi dati col fatto che «molte amministrazioni locali dispongono di poco personale e del tutto impreparato a espletare queste funzioni. Se, invece, le competenze sono disponibili, in massima parte vengono utilizzate per “recuperare” l’evasione dei tributi locali in capo ai Comuni; come l’Imu, la Tari, la Tosap, l’imposta sulla pubblicità e quella di soggiorno».

Lo stesso dossier, però, non nasconde che in molti casi potrebbe esserci una scelta di convenienza da parte dei primi cittadini. «Scatenare una “campagna” contro gli evasori e/o gli abusivi – scrivono nero su bianco i ricercatori – potrebbe essere addirittura controproducente. In molte aree del Paese, infatti, il consenso politico a livello locale si “acquisisce” e si “consolida” anche “trascurando” questi reati».

C’è anche, però, una questione di competenze. «Abilità, queste ultime, che un dipendente comunale le acquisisce – evidenzia la Cgia – solo attraverso la partecipazione a un’attività formativa mirata e continuativa che dovrebbe essere tenuta proprio dall’amministrazione finanziaria. Insomma, con piante organiche ridotte all’osso e del tutto impreparate ad affrontare queste tematiche, per molti Sindaci ricorrere a questa misura è pressoché impossibile».

Quel che è certo, però, è che le amministrazioni meridionali, quelle che di più in Italia “trascurano” la lotta all’evasione, non ne escono affatto bene. Dei 265 Comuni che a livello nazionale hanno ottenuto nel 2022 un contributo dalla lotta all’evasione fiscale dei tributi erariali, solo 38 sono del Mezzogiorno: due sono abruzzesi (su un totale Comuni a livello regionale pari a 305), tre sono campani (su un totale di 550), altri tre molisani4 (su un totale di 136), quattro sono pugliesi (su un totale di 257), sei sono sardi 6 (su un totale di 377), otto sono calabresi (su un totale di 404) e 12 sono siciliani (su un totale di 391). Complessivamente dalle loro “segnalazioni qualificate” il fisco ha recuperato dagli evasori 144.824 euro (pari al 2,4 per cento del totale) e a questi Sindaci del Sud è “ritornato” il 50 per cento, ovvero appena 72.412 euro.

Le “segnalazioni qualificate” che i Comuni devono comunicare all’Agenzia delle Entrate riguardano tre ambiti di intervento: commercio e professioni; b. urbanistica e territorio; proprietà edilizie e patrimonio immobiliare; residenze fittizie all’estero; disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva. «Le informazioni che il Comune dovrà trasmettere al fisco saranno riconducibili prevalentemente alle fonti di reddito immobiliari, già oggetto di accertamento definitivo ai fini dei tributi locali», spiegano dalla Cgia di Mestre. In gran parte dei casi, dunque, non è necessaria una costosa attività d’indagine da parte dell’amministrazione locale ma semplicemente la disponibilità e buona volontà a condividere le informazioni.

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