Hyso Telharaj, ucciso 25 anni fa dai caporali. Matrangola: «Basta ghetti»

Hyso Telharaj aveva solo 22 anni quando fu ucciso dai caporali, oggi ne avrebbe avuti 47. E nell’anniversario del suo omicidio, si tira qualche somma e si prova a fare meglio.

Bilanci e progetti

«Ricordare la morte di Hyso Telharaj è un dovere che abbiamo, per tenere accesa la luce delle nostre coscienze sulla piaga del caporalato e sulle condizioni nelle quali sono costretti tanti, troppi ancora, a vivere e lavorare. O a perdere la vita. Ma oltre alla memoria, abbiamo anche il dovere di agire per scongiurare che altre persone vengano private della propria dignità ed esistenza». L’assessora regionale alla Cultura e alla Legalità, Viviana Matrangola, ricorda, ma non solo. «Stiamo lavorando alacremente perché la figura del mediatore, fondamentale nelle politiche in favore degli immigrati, sia maggiormente strutturata».

I servizi “antisfruttamento”

Ed evidenzia che «il caporalato attecchisce e prospera lì dove sono carenti i servizi di prossimità e le infrastrutture, anche sociali. Pertanto – ribadisce – la nostra responsabilità politica e sociale deve far sì che le aree fragili e carenti siano presidiate e irrobustite, con interventi mirati che prevengano ma anche risolvano le situazioni in essere».

L’economia sostenibile

Ma non basta, perché per far fiorire le cultura della legalità e dell’inclusione, occorrono filiere economiche e comunità accoglienti: «La mediazione civico-linguistica è fondamentale proprio per creare le basi per l’integrazione nelle comunità che accolgano i migranti». Il lavoro dell’assessorato sulle linee guida imposte dal Pnrr: «Il 12 farò un altro sopralluogo a Borgo Mezzanone, dove stiamo lavorando alla riconversione del Cara – spiega Matrangola – la cui proprietà è passata ora alla Regione Puglia. Vogliamo creare alloggi dignitosi, ma in parallelo il mio impegno è finalizzato ad una integrazione con la comunità. Nel contempo dobbiamo farci tutti promotori di un’economia che sia inclusiva e sostenibile, di un’occupazione regolare – conclude l’assessora – che riconosca mansioni e lavori dignitosi per tutti nel contesto di una più robusta e diffusa cultura della legalità».

La best practice

Si chiama Casa Sankara, è nata con questo nome nelle campagne torride del Tavoliere, pochi chilometri da San Severo, per strappare migranti al ghetto, per dare loro un’opportunità di libertà dal giogo dei caporali-padroni. Nel 2012 è la Regione Puglia che, grazie allo scomparso Stefano Fumarulo, anima dell’antimafia sociale, cede in concessione i terreni a un gruppo di migranti africani, impegnati nella creazione di una realtà alternativa al ghetto. Nasce l’orto, gli alberi da frutto, con i prodotti che vengono venduti a San Severo, nasce la sartoria Batik. Poi i corsi, le distanze mentali dagli abitanti di San Severo che si accorciano sempre più. Oggi la foresteria ospita oltre 400 persone, e il nome di Stefano Fumarulo affianca quello di Thomas Sankara, esempio di emancipazione. Progetti e contaminazioni culturali sono il nuovo presente.

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