Ci sono soggetti che sono doppiamente vittime di un femminicidio, sono gli orfani non solo di un genitore ucciso con violenza, ma anche dell’altro “allontanato” dal focolare domestico perché in carcere o, più tragicamente, suicida.
Spesso per i bambini orfani di femminicidio si apre un baratro esistenziale, sono piccoli fantasmi che si ritrovano a vivere in contesti familiari – ma senza più una vera famiglia – che sono spesso gli stessi parenti dell’omicida, con inevitabili inquinamenti sulla verità degli omicidi e giustificazioni ancora più traumatiche, come quando si è fatto credere a un bambino che il padre era dipendente dell’amministrazione penitenziaria, slavo poi scoprire da grande la triste verità.
Realtà che nel Mezzogiorno sono necrologi quasi quotidiani e che lasciano orfani in quasi tutte le regioni, anche in Puglia, dove sono tanti i casi all’attenzione delle associazioni che si occupano del problema. E se in Italia – grazie ai dati inediti di “Con i Bambini-Impresa sociale”, resi noti nella conferenza stampa di ieri – sono 157 gli orfani presi in carico dai quattro progetti organizzati dall’impresa sociale, solo nel Sud sono circa 100, venti dei quali in Puglia che insieme alla Sicilia ha fatto registrare il più alto numero di casi. Molto meglio la Basilicata. dove sono solo tre i casi “agganciati”, ovvero a conoscenza dei servizi sociali – e uno solo quello “preso in carico”.
Eppure la Puglia è un esempio virtuoso per quanto riguarda la costruzione di una rete in soccorso delle vittime di femminicidio, tant’è che dall’associazione “Con in Bambini” si vuole “esportare” il modello pugliese anche in altre realtà per dare maggiore supporto al progetto nazionale “Respiro” che si occupa proprio di “orfani speciali”. La rete pugliese fa leva sul cosiddetto progetto Giada (Gruppo Interdisciplinare Assistenza Donne/bambini Abusati) dell’unità operativa di psicologia del Policlinico di Bari-Giovanni XXIII, realizzata nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e attivo su tutto il territorio nazionale per promuove un modello d’intervento mirato alla tutela di bambini e bambine che hanno perso un genitore per mano dell’altro, e garantire la diffusione di un nuovo approccio per la prevenzione della violenza domestica.