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Giorno del Ricordo, nel Villaggio Trieste di Bari per non dimenticare: «Si insegni dove può arrivare la cattiveria umana»

Un quartiere, mille famiglie, una storia. Il Villaggio Trieste, rione “schiacciato” tra la Fiera del Levante e l’ex stadio Vittoria di Bari, fu costruito nel ‘56 per ospitare i numerosi profughi italiani provenienti dalla Jugoslavia di Tito, ma anche dall’Asia Minore e dal Nord Africa. Oggi e domenica, per ricordare il genocidio delle foibe, si…
Il Villaggio Trieste di Bari

Un quartiere, mille famiglie, una storia. Il Villaggio Trieste, rione “schiacciato” tra la Fiera del Levante e l’ex stadio Vittoria di Bari, fu costruito nel ‘56 per ospitare i numerosi profughi italiani provenienti dalla Jugoslavia di Tito, ma anche dall’Asia Minore e dal Nord Africa. Oggi e domenica, per ricordare il genocidio delle foibe, si terranno nel rione due eventi commemorativi. «Perchè – spiega Paolo Scagliarini, presidente del comitato Villaggio Trieste – questi eventi non vengano mai strumentalizzati, ma vengano insegnati per raccontare fin dove può spingersi la cattiveria dell’uomo».

Alle 11 di oggi, i componenti del comitato scopriranno una targa in memoria di Norma Cossetto, uccisa dai partigiani di Tito nella foiba di Villa Surani, e deporranno una corona d’alloro della Città di Bari nella piazzetta. Domenica, invece, si terrà una fiaccolata per le vie del quartiere, che si concluderà con un minuto di silenzio di fronte alla lapide commemorativa dei profughi della Seconda Guerra Mondiale. «Tutti i gruppi di italiani profughi hanno un giorno dedicato alla memoria del proprio genocidio». Scagliarini proviene da una famiglia italiana fuggita dall’isola di Smirne in seguito all’occupazione turca. «Perché continuare a ricordare? – domanda retoricamente – Pochi mesi fa, Erdogan ha minacciato Mitsotakis di “tornare di notte, come 100 anni fa”. Si riferiva alla persecuzione perpetuata dai Turchi in Asia Minore, gremita di italiani dall’epoca delle Repubbliche Marinare. E pensare che ora chiede di entrare nell’Unione europea…».

Tra i profughi del Villaggio Trieste, Scagliarini ricorda che quelli istriani e dalmata erano i più reticenti a ripercorrere le tappe della persecuzione. «Tra i profughi, in molti raccontavano, col passare degli anni, le persecuzioni subite. Ma quelli che provenivano dalla Jugoslavia di Tito erano i più reticenti per le sofferenze subite». Necessario continuare a ricordare? Scagliarini non ha dubbi. «Occorre farlo, senza cadere nelle strumentalizzazioni, per tramandare alle future generazioni fin dove può spingersi l’essere umano».

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