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Giornata della Memoria, Godelli: «Facciamo i conti con la nostra storia»

«Il nostro Paese non ha mai fatto una rilettura critica della propria storia indicando con chiarezza le responsabilità del fascismo e la differenza sostanziale tra la Shoah ed altri crimini di guerra». Silvia Godelli non ha dubbi sul fatto che i fatti si siano mischiati con le opinioni, inglobando in una nube il passato e…

«Il nostro Paese non ha mai fatto una rilettura critica della propria storia indicando con chiarezza le responsabilità del fascismo e la differenza sostanziale tra la Shoah ed altri crimini di guerra». Silvia Godelli non ha dubbi sul fatto che i fatti si siano mischiati con le opinioni, inglobando in una nube il passato e rendendo più labile la separazione tra vittime e carnefici. Ex assessora regionale in Puglia alla Cultura e alla cooperazione nel Mediterraneo, attiva per anni politicamente prima nel Partito Comunista Italiano e poi da indipendente, nonché docente universitaria di psicologia, Silvia Godelli ha vissuto anche in famiglia le conseguenze della persecuzione, essendo ebrea da parte di padre.

Silvia Godelli, Liliana Segre ha dichiarato che c’è il rischio che della Shoah rimangano solo poche righe sui libri di scuola. La memoria si è affievolita fino a questo punto?

«Nel nostro Paese sì. Mentre la Germania è stata in grado di rielaborare quanto accaduto tenendo in debita attenzione le vicende del ‘900, in Italia non si è fatto i conti con la propria storia».

Come se lo spiega?

«Non si è voluto individuare con chiarezza le responsabilità del fascismo. Il rischio concreto è che quanto accaduto sia assimilato ad altre tragedie dimenticando i due aspetti specifici che rendono unica la Shoah».

Quali sono?

«L’idea di sterminare per intero un popolo che viveva all’interno della realtà sociale di chi praticò la “soluzione finale”. Per ragioni biologiche gli ebrei erano considerati dei sub-umani che non avevano il diritto di vivere».

Qual è il secondo aspetto?

«L’utilizzo di mezzi scientifici ed evoluti al servizio non del progresso ma di un crimine. Questi elementi rappresentano un unicum. Nelle altre guerre in cui è stato perpetrato uno sterminio c’era l’obiettivo di sconfiggere e sottomettere un popolo per conquistare un territorio. Nel caso ebraico, come spiegato, c’era anche altro».

In Italia tutto questo non è stato spiegato abbastanza?

«Molto poco. Con la scomparsa dei superstiti e dei loro figli sempre meno. Bisogna riprendere in mano la storia».

C’è chi considera poco utile l’esistenza di una giornata specifica in cui ricordare una tragedia. Lei non sarà d’accordo.

«No, non lo sono. In Italia si critica sempre tutto. La giornata della memoria è stata istituita per legge perché non se ne parlava affatto della persecuzione degli ebrei. Se ci fosse un approccio consapevole rispetto a quanto accaduto potremmo farne a meno. Purtroppo, però, non è così. C’è addirittura chi mette in discussione che la Shoah sia realmente accaduta. I dati che riguardano il nostro Paese mostrano una crescita dell’antisemitismo. Quando ci sarà più coscienza critica allora si potrà eventualmente rinunciare alle giornate della memoria ma siamo molto lontani da quel giorno».

L’Italia oggi ha un governo guidato da una forza politica, Fratelli d’Italia, che proviene dalla tradizione post-fascista. Giorgia Meloni è stata particolarmente chiara sulle posizioni del partito relativamente alla Shoah anche partecipando alla cerimonia dell’Hannukkah Bruck. L’ha convinta?

«Serve ben altro ed ha poco a che fare con la commemorazione dei morti. La commozione per le vittime è marginale se non si hanno ben chiare le colpe e i colpevoli. Le leggi razziste del ‘38 hanno dato il via alla persecuzione degli ebrei in Italia e hanno aperto le porte alla Germania. Norme volute da un governo con a capo Benito Mussolini. Se tutto questo non viene detto con chiarezza tutto il resto conta poco».

Quanto incide nel ricordo comune della Shoah la ferita ancora non sanata tra israeliani e palestinesi?

«Purtroppo molto. Bisognerebbe saper scindere tra le politiche attuate dal governo di uno Stato e la realtà vissuta in passato da quel popolo. Io, ad esempio, condanno l’occupazione del territorio palestinese. Perché devo esserne considerata responsabile? Non nascondo il fatto che Israele sia un paese con grandi contraddizioni e conflitti ma a volte viene demonizzato in maniera impropria. Va ricordato, infatti, che si tratta di una democrazia, tant’è che in questi giorni in migliaia scendono in piazza contro Benjamin Netanyahu».

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