Chissà come ci avrebbe divertito con la sua satira Frate Menotti osservando queste ultime elezioni, sul mezzo milione di preferenze di Antonio Decaro, inviato a commuoversi in Europa; sulla delusione di Michele Laforgia, sull’imberbe onniscienza di Fabio Romito, su Vito Leccese, paladino del verde nella città meno verde d’Italia. Il più famoso disegnatore satirico barese, a cavallo tra Ottocento e Novecento, seppe prendere di mira il potere in tutte le sue forme e manifestazioni, con un pizzico di irriverenza, ma soprattutto ironia, umorismo, sarcasmo, fino alla derisione e al dileggio.
Il personaggio
Scelse di firmarsi Frate Menotti per un vezzo anticlericale, all’epoca di moda, un contraltare alla predominanza del clero nella vita sociale. Imparò l’arte del disegno dal padre Tommaso e pubblicò le sue prime satire disegnate sul settimanale umoristico barese “Fra Melitone”, almeno fino al 1894. L’11 settembre di quest’anno ricorrerà il centenario della sua morte, che lo ha colto a 61 anni. Sarebbe bello che la città gli tributasse l’onore che merita, promuovendo la prima esposizione assoluta dei suoi lavori più belli e interessanti, che sono la storia di Bari, di quel periodo così tanto controverso che ha preceduto la grande guerra, ma così ricco di vitalità culturale, di voglia di esserci, di proporsi operosamente in tutti i campi.
La Bari di inizio Novecento
Certo, una città con tutti i limiti del provincialismo, ma ugualmente proiettata al nuovo, forte anche della crescita urbanistica che stava vivendo, a 100 anni dalla fondazione della Bari moderna ad opera di Gioacchino Murat. Un habitat sociale in cui la satira aveva pane abbondante per i suoi denti, seguitissima sui giornali, sulle riviste, nei bar che esponevano le caricature sulle pareti dei loro salotti. «Ecco una buona reclame per pizzicagnolo», chiosa Frate Menotti, riferendosi a uno zelante Gorjoux, direttore de “La Gazzetta di Puglia”, che prende appunti, durante il discorso del sindaco Sabino Fiorese che inaugura il monumento a Murat, la cui scritta appare troppo piccola rispetto all’immagine del primo cittadino, per cui aggiunge: «Chi riesce a leggere la lapide ringrazi Santa Lucia benedetta». Siamo nel 1913, a ottobre si vota con il suffragio universale, (di soli uomini, sic!), e lo sbeffeggiamento del potere appare quanto mai appropriato. Le caricature di Frate Menotti mostrano una città nata fuori dalle vecchie mura medievali del borgo, con una vita liberale ed europea, come ad esempio nel frequentatissimo Caffè al Risorgimento, in cui si ritrovavano i personaggi più in voga della politica e gli amici di Storia Patria.
Le pubblicazioni
“Colpi da orbo”, in due album, su cui c’è una meritevole edizione delle Edizioni Dedalo (1982), che sarebbe bello ristampare, fu la sua principale pubblicazione (1890-1892). Molte altre caricature, donate all’Università di Bari dalla famiglia dell’ex rettore Vincenzo Ricchioni, ed esposte in mostra permanente nel Centro sperimentale Santa Teresa dei Maschi sin dalla sua nascita, per il cinquantenario dell’Ateneo barese, risultano oggi in gran parte disperse, forse in bella mostra sulle pareti delle case di “illustri” baresi. L’amico Armando Perotti, lodato tante volte, nelle tavole del Museo Civico, appare come risolutore inascoltato «durante le trattative di pace con la Turchia».
Il Museo Civico
Le prime notizie certe della sezione satira del Museo Civico di Bari, come ce le racconta il bravo e prezioso direttore Francesco Carofiglio, risalgono a una esposizione del 1919 al Teatro Margherita, grazie ad alcune fotografie di Liborio Antonelli Matteucci, tra i primissimi fotografi baresi, da cui si evincono le grafiche esposte, coincidenti con molte archiviate nel Museo Civico. Proprio al fotografo Antonelli, è dedicata l’ultima caricatura che qui presentiamo, in cui è ritratto con la grande croce di cavaliere che copre tutto il busto fino alle gambe, e la scritta «La vì?» (La vedi?), che ci racconta ironicamente di una certa vanagloria del personaggio. Angelico Tosti Cardarelli in un artico sul “Piccolo Giornale d’Italia” scrisse di lui: «Se invece che a Bari fosse stato lanciato a Parigi, molto probabilmente oggi avrebbe la celebrità. Nei suoi album meravigliosi, sui quali, un giorno, un Armano Perotti dell’avvenire potrà ricostruire tanta parte della storia di Puglia, vi ha pagine che fanno pensare e fremere. Allora si vedrà come quel piccolo fragile arnese ch’è una matita in mano ad un artista d’ingegno e di cuore, può divenire interprete della coscienza universale, giustiziere di tutte le nullità boriose, di tutte le disonestà, le viltà fortunate». La biblioteca nazionale Sagarriga Visconti conserva più di 800 tavole di Frate Menotti, di ogni formato; il Museo Civico, una trentina, catalogate nella sezione caricature, insieme ad altri autori. Selezionare il meglio e consentirne la fruizione del pubblico sarebbe un gran bel sogno, oltre che cosa giusta.