Foggia, la vicenda Soumahoro era stata già raccontata

Il ministro Adolfo Urso nel question time alla Camera lo ha precisato: per le cooperative che fanno riferimento ai familiari del deputato Soumahoro, è stato disposto lo scioglimento per Aid e la messa in liquidazione coatta amministrativa per eccessivo indebitamento per Karibu. Una vicenda, finita sui media nazionali, ma che da Foggia era stata raccontata ben prima che scoppiasse il finimondo sul “Di Vittorio nero”.

Come attesta uno scritto dal collettivo Jacob Foggia dal significativo titolo “Il fango negli stivali”, nel quale si traccia tutta la storia del sindacalista dei braccianti, finito dalle stelle alle stalle.

«Classe 1980, nativo della Costa d’Avorio, arriva in Italia a 19 anni. Si laurea a Napoli in Sociologia. Fa notizia ai tempi anche il suo matrimonio con una ragazza di Pianosa, celebrato al Maschio Angioino dalla sindaca Rosa Russo Jervolino. In Campania collabora per un po’ con la Cgil, poi molla. Si sposta a Torino, e inizia la collaborazione con il coordinamento migranti dell’Unione Sindacale di Base». Poi arriva l’estate del 2018 e scoppia la star Soumahoro, che diventa caso mediatico, con interviste, passaggi tv, un libro con Feltrinelli, ospitate in festival e convegni, rubriche su settimanali e media web.

«Fa largo uso dei social, Aboubakar, lui in primo piano, dietro come sfondo i disperati delle campagne, sfruttati da caporali e latifondisti. Un usurpatore di lotte, diranno quelli di Campagne in lotta, che su Torretta Antonacci e Borgo Mezzanone sono presenti per sostenere le manifestazioni degli immigrati che chiedono regolarizzazione e documenti. Dove andasse a parare la parabola dell’allora sindacalista Usb (poi della Lega braccianti, ndr) oggi deputato era facile intuirlo, prestando la giusta attenzione a linguaggi e pratiche».

Arrivano le prime crepe. «Inizia a circolare un anno fa nelle chat telefoniche e in alcune mailing una lunga lettera di 2 lavoratori di Torretta Antonacci, cofondatori della Lega Braccianti, che lamentano la scarsa trasparenza dei conti dell’associazione e dell’utilizzo stesso dei fondi raccolti». Poi la candidatura al Parlamento. «La scelta di candidarlo è stata tatticamente conveniente, perché quello che alcuni hanno avuto il coraggio di soprannominare il “Di Vittorio nero” porta voti. Ma quanto è costata?».

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