Dopo il clamore iniziale, la proposta di legge sull’assistenza sanitaria per la morte serena e indolore di pazienti terminali, più comunemente conosciuta come legge sul fine vita proposta dal consigliere Fabiano Amati (Partito democratico) e approvata dalla Commissione Sanità, ha cominciato a far parlare di sé. I primi a intervenire sul tema, alzando le barricate contro il provvedimento che potrebbe dare alle strutture sanitarie pugliesi la possibilità di sottoporre i malati cronici e terminali al suicidio assistito, sono i vescovi pugliesi. Secondo i prelati del tacco d’Italia, quello che si è sviluppato nella Commissione Sanità consiliare è «un percorso legislativo di ripiego», portato avanti soltanto per risolvere parzialmente le inadempienze della sanità, accusata di non aver sufficientemente diffuso «cure palliative e sedazione del dolore» a livello «domiciliare, ospedaliero, territoriale».
Leggendo il testo della legge, i prelati pugliesi intendono spingere la Regione verso «una prudenziale valutazione della realtà, senza assolvere le inadempienze, finora registrate, con percorsi legislativi di ripiego che rischiano di non essere rimedi efficaci a livello scientifico e umano». Secondo i vescovi, dunque, la legge sul fine vita sarebbe stata pensata per “risolvere” una carenza strutturale, cioè l’incapacità del sistema sanitario regionale di sottoporre i malati terminali e cronici – principali destinatari del provvedimento che porta la firma di Amati – alle cure palliative e alla cosiddetta terapia del dolore che, attraverso un mix di farmaci, rende più sopportabili le sofferenze dei degenti. «Registriamo -proseguono i vescovi – che cure palliative e sedazione del dolore, esigenze ineludibili che dovrebbero essere fruibili in ambiti ospedalieri, territoriali e domiciliari, non trovano ancora questa diffusione».
Richiamando la legge 38 del 2010, con la quale il Paese si dotava di uno strumento legislativo per organizzare l’erogazione delle cure palliative e della terapia del dolore, riconoscendo in tal senso un diritto garantito a tutti i cittadini, i vescovi pugliesi notano che «a dodici anni di distanza le disposizioni non trovano attuazione su tutto il territorio del Paese e, infatti, fino a oggi, non sono stati raggiunti neanche gli standard minimi su base macro-regionale e nazionale».
Il disegno di legge proposto da Amati segna un passo in avanti della Puglia rispetto all’intero contesto nazionale, considerando che, alla Camera dei deputati, sono ferme da mesi ben otto proposte di legge relative ai temi dell’eutanasia e del suicidio assisto (sette di iniziativa parlamentare e una di iniziativa popolare) presentata nel settembre del 2013.