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Figli? No, grazie. Vince la denatalità e l’età media delle mamme sale: record in Basilicata

Non si fanno più figli e molti di quelli che nascono al Sud hanno ripreso a migrare in massa verso il Nord Italia e il centro Europa. Il trend della denatalità però è evidente anche osservando le medie nazionali. Non è rimasto dunque un caso isolato il crollo registrato nei bimestri novembre - dicembre del…

Non si fanno più figli e molti di quelli che nascono al Sud hanno ripreso a migrare in massa verso il Nord Italia e il centro Europa. Il trend della denatalità però è evidente anche osservando le medie nazionali.

Non è rimasto dunque un caso isolato il crollo registrato nei bimestri novembre – dicembre del 2020, quando i nuovi arrivati sono stati inferiori del 9,5% rispetto all’anno precedente. Dal 2008 la diminuzione delle nascite su base annua supera il 30%. Rispetto alla situazione pre-pandemica, stando ai dati raccolti dall’Istat, i primi dieci mesi del 2021 mostrano un calo particolarmente evidente dei nati all’interno del matrimonio (-9,6%), da genitori stranieri (-6,9%) e di quelli con madri con meno di 35 anni (-4,3%) e confermano il sempre minore apporto degli immigrati al mantenimento del delicato equilibrio generazionale italiano.

Per trovare livelli di fecondità così bassi bisogna tornare indietro ai primi anni duemila. Tuttavia, in quegli anni la tendenza indicava un recupero, dopo il minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995, attribuibile in larga misura al crescente contributo delle donne straniere. Una dinamica che, appunto, oggi è molto meno presente. Pur difendendosi sul piano della fecondità, che si attesta in linea con la media nazionale, anche al Sud si diventa madri sempre più tardi. Rispetto al 1995, l’età media al parto aumenta di oltre due anni, raggiungendo i 32,4 anni.

L’età gestazionale più alta si registra in Basilicata e Sardegna dove, in media, si diventa mamme a 34 anni. Stando all’ultimo rapporto Svimez, inoltre, si fa sempre più forte la migrazione dal Mezzogiorno al Nord del Paese che rappresenta un altro pesante elemento di svuotamento demografico del Meridione. Il risultato è un invecchiamento della società ancora più rapido.

«Se la popolazione totale in Italia è cresciuta di un milione e 990mila residenti negli ultimi vent’anni – si legge nell’ultimo report – nel Mezzogiorno si è registrato un calo di oltre 673mila abitanti, a fronte di un aumento di 2 milioni e 663mila nel Centro-Nord. Questa diminuzione nel Sud, dovuta all’emigrazione interna, è stata solo in parte compensata dalle migrazioni internazionali. La tendenza al calo demografico si è ulteriormente aggravata con la pandemia, con il 6,5% di persone in meno al Sud contro il 3,1% al Centro-Nord». Il Sud culla d’Italia, dunque, è solo un lontano ricordo.

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