Favorit, il M5S difende i lavoratori: «Le macchine devono rimanere a Tito»

«Quanto succede a Tito scalo, con la chiusura improvvisa dell’azienda Favorit, è figlio di un’economia capitalistica malata che chiude non perché sia in perdita, ma perché vuole massimizzare i profitti, aumentare gli utili e forse pagare sempre meno la manodopera – denunciano le consigliere regionali del Movimento 5 Stelle Alessia Araneo Viviana Verri – Ed è così che il marchio leader in Italia per la produzione di articoli di fasciamedio-alta, non in concorrenza con quelli asiatici (che si collocano, invece, nella gamma medio-bassa del mercato), come cartelline, astucci, raccoglitori e valigette, destinati a grandi clienti italiani come Buffetti, Coop e Amazon, nel pieno della produzione annuncia alle lavoratrici e ai lavoratori il licenziamento in tronco».

Il fatto

A inizio ottobre quarantuno lavoratori dello stabilimento Favorit di Tito Scalo hanno ricevuto la lettera di licenziamento. L’azienda francese avrebbe deciso di chiudere lo stabilimento di Tito a causa della scarsa domanda di prodotti per ufficio sul mercato nazionale ed europeo. A nulla è servita la riunione in Regione.

«La tragica notizia che investe quaranta famiglie, perlopiù monoreddito, diventa addirittura grottesca e beffarda se pensiamo che giunge ai lavoratori mentre gli stessi, in Spagna, venivano insigniti del premio “Best Technical Solution Favorit Golden” – continuano le consigliere – Dunque, ricevuto il premio per aver elaborato un protocollo di sicurezza in seguito a un infortunio, ricevuto il premio di produttività per il 2023 e mentre l’azienda ha registrato un fatturato di circa 21 milioni di euro, con un utile netto di oltre 715.000 euro, le lavoratrici e i lavoratori vengono licenziati con giustificazioni evidentemente fantasiose, che farebbero riferimento a una riduzione dei volumi».

Il made in Italy

La storia della Favorit è, purtroppo, sempre più frequente: aziende storiche che chiudono i battenti, delocalizzazioni, perdita di posti di lavoro. Dietro questi numeri ci sono vite, sogni infranti e comunità che perdono un pezzo della loro identità. Ma quali sono le cause di questa crisi? Certamente, la globalizzazione e la concorrenza internazionale giocano un ruolo fondamentale. Le imprese sono costrette a fare i conti con mercati sempre più competitivi e a cercare di ottimizzare i costi per rimanere competitive.
Sul punto, a livello nazionale, è già intervenuto il deputato Lomuti, chiedendo ai ministri interessati quali azioni intendessero intraprendere per tutelare il marchio Made in Italy.

«Le macchine dello stabilimento Favorit devono restare a Tito Scalo. O si garantisce il lavoro o in questa regione, da qui a dieci anni, rimarranno solo pale eoliche, pannelli fotovoltaici, giacimenti petroliferi (forse dismessi) e tutti i sacrifici di una comunità, quella lucana, che ha sempre dato e che, probabilmente, ora deve chiedere e ottenere» concludono Verri e Arneo.

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