La Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha comunicato ai legali di 11 cittadini aderenti all’associazione Genitori Tarantini, tra cui un bambino, che hanno promosso una class action inibitoria promossa contro l’ex Ilva, di aver notificato «agli organi dell’Unione Europea, a tutti gli Stati Membri, nonché alle parti del giudizio, l’ordinanza contenente domanda di rinvio pregiudiziale interpretativo, sollevata dal Tribunale di Milano».
Lo riferisce Cinzia Zaninelli, presidente dell’associazione Genitori Tarantini, rappresentata dagli avvocati Maurizio Rizzo Striano e Ascanio Amenduni, ricordando che «secondo il regolamento che disciplina il procedimento dinanzi alla Corte Europea tutti i soggetti destinatari della notifica, compreso il Governo Italiano, hanno il termine improrogabile di due mesi e dieci giorni per intervenire, presentando le loro osservazioni per iscritto».
Lo scorso settembre il Tribunale di Milano ha deciso di sospendere il procedimento relativo all’azione inibitoria collettiva contro l’ex Ilva promossa dagli 11 cittadini e di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia europea. Le questioni pregiudiziali che il giudice italiano ha sottoposto all’esame della Corte UE riguardano tre punti: «se sia legittimo che le prescrizioni contenute nell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) vengano rilasciate tenendo conto solo di alcune sostanze tossiche emesse dagli impianti, invece di tutte; se sia legittimo che l’Aia non contenga alcuna prescrizione conseguente alle valutazioni del danno sanitario causato alla popolazione; se sia legittimo che i termini di adempimento alle prescrizioni dell’Aia siano stati più volte prorogati in contrasto con i termini imposti dal diritto comunitario».
Nel caso in cui la Corte di Giustizia Ue «ritenesse – osserva la presidente dell’associazione – che la normativa italiana contenuta nei cosiddetti decreti salva-Ilva sia, in tutto o in parte, contrastante con le Direttive Europee, anche per il solo ritardo di ottemperanza, ne seguirà, come espressamente motivato dal Tribunale di Milano, l’accoglimento delle domande inibitorie proposte dai nostri associati innanzi alla magistratura italiana, e cioè la chiusura o, quantomeno, il fermo, degli impianti».