Con una produzione annuale di 8 milioni di tonnellate di acciaio, il rischio di impatto sulla salute dell’ex Ilva di Taranto è «ampiamente accettabile per tutti gli organi bersaglio considerati».
È quanto emerge dalla nuova Valutazione di impatto sanitario (Vis) presentata da Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria al ministero dell’Ambiente.
La Valutazione è prodotta per il riesame-rinnovo dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), per la quale si è aperta l’istruttoria al Ministero. Anche la prima Vis, presentata lo scorso giugno e riferita a una produzione di 6 milioni di tonnellate, giungeva a conclusioni analoghe.
L’Istituto superiore di sanità ha poi chiesto in due riprese una serie di approfondimenti all’azienda, che ha inviato un testo aggiornato della Vis a 6 milioni di tonnellate e quella connessa agli 8 milioni. Valutazioni che riguardano uno scenario “post operam”, cioè dopo le realizzazione delle prescrizioni ambientali. Il giudizio di merito dell’Istituto superiore di sanità sarà successivamente inviato ai Ministeri dell’Ambiente e della Salute.
L’attuale Aia è in proroga, essendo scaduta ad agosto 2023. In uno dei passaggi della nuova Vis (un documento di 288 pagine redatto dal professor Alfonso Cristaudo, ordinario di Medicina del Lavoro dell’Università di Pisa, e dall’ingegner Annalisa Romiti della società Icaro), si afferma che considerando «il rischio totale per un’esposizione pari a 70 anni, si assiste nel passaggio dall’assetto ante operam a quello post operam di 8 milioni di tonnellate ad una significativa diminuzione del rischio, pari a circa il 30% nel caso dell’area di Taranto e del 39% circa nel caso del quartiere Tamburi».