Ecco il piano industriale che avrebbe salvato Baritech: L’Edicola del Sud ha letto il progetto presentato ad agosto ma ignorato

Scade oggi la cassa integrazione per i 113 lavoratori Baritech che, salvo un colpo di scena dell’ultimo minuto, da domani saranno senza lavoro. Nemmeno il sit-in di protesta davanti la sede della Regione Puglia e l’incontro di ieri con la prefetta Antonia Bellomo sono riusciti a dare una speranza concreta ai dipendenti dell’ex Osram perché, come aveva già annunciato l’azienda, quasi sicuramente gli ammortizzatori sociali non saranno rinnovati. Eppure Baritech si sarebbe potuta salvare se sia la proprietà che le istituzioni regionali avessero preso in considerazione la proposta avanzata ad agosto dello scorso anno da un gruppo di imprenditori che non solo avrebbe salvato sia l’impianto che i lavoratori, ma avrebbe anzi permesso l’assunzione di altre 70 persone. E ancora non è chiaro, nonostante gli appelli di sindacati e operai, perché in sede di task-force regionale si sia deciso di ignorare questo piano di reindustrializzazione e affidarsi, con tutto quello che ne è conseguito, prima a Conserva e poi alla cordata guidata dalla bresciana Arborio.

Ma in cosa consisteva il progetto che è stato scartato? “L’Edicola del Sud” è riuscita a recuperare la proposta integrale presentata al tavolo istituzionale, senza però capire il motivo dell’esclusione. Il progetto prevedeva l’acquisizione dello stabilimento Baritech insieme all’assunzione di tutti i lavoratori. A questi, poi, si sarebbero aggiunte un’altra settantina di unità, arrivando così a contare ben 185 posti di lavoro totali a tempo pieno. L’intento era quello di trasformare la fabbrica barese in un polo regionale per la logistica e la distribuzione di farmaci, dispositivi medici e altre categorie di prodotti sanitari e non (e quindi senza la necessità di riutilizzare i macchinari che hanno indotto Arborio a fare un passo indietro). L’hub barese sarebbe stato il primo (e il più grande) di un trio composto da altre due piattaforme di distribuzione site a Foggia e nel Salento, oltre a sei “transit point” presso i principali presidi ospedalieri della Regione.

A proporre il piano di reindustrializzazione è stato il gruppo composto da Consorzio Stabile Cmf, Logistica 4.0, SFL Coop, Certe e Fgs, che hanno deciso di costituire un raggruppamento temporaneo di imprese per mettere in sinergia competenze ed esperienze e garantire un servizio efficiente, focalizzato sulle esigenze degli utenti finali e proiettato verso l’impiego di soluzioni innovative. Secondo i proponenti, l’impianto dell’ex Osram avrebbe garantito, per un minimo di 15 anni, le giuste dimensioni, in altezza e in superficie, per «adeguati spazi di stoccaggio e movimentazione», oltre alla «continuità del servizio anche in caso di fermi macchina, picchi di attività e over-stock stagionali», come si legge nella proposta. La fabbrica avrebbe potuto ospitare anche «un’area di stoccaggio di circa 10.200 posti pallet» e 500 metri quadrati di celle frigo.

Come contributo al miglioramento dello stato di crisi dell’occupazione, il progetto prevedeva inoltre il reinserimento degli ex lavoratori Baritech mediante la loro riqualificazione, da attuarsi attraverso uno specifico piano formativo cofinanziato dalla Regione Puglia, come previsto dalla normativa per le politiche attive del lavoro.

Dinanzi a tale progetto, adesso, la domanda sorge spontanea: perché questo piano di reindustrializzazione è stato scartato? Qualcuno dovrà darne conto ai 113 operai che, da domani, saranno senza lavoro.

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